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Minniti: “Nel mio piano accoglienza, espulsioni e integrazione”

Il ministro dell’Interno annuncia che presenterà al Parlamento una proposta organica sull’immigrazione. “Chi è irregolare va rimpatriato, lo dice la legge e per farlo servono i Cie”

 

Roma – 5 gennaio 2017 – Accoglienza, espulsioni , integrazione. Sono le tre componenti di una “proposta organica e complessiva” che il ministro dell’Interno Marco Minniti vuole presentare al Parlamento e che avrà anche “una componente propriamente legislativa”. 

Dopo le anticipazioni apparse sui giornali in questi giorni, Minniti ha parlato oggi a grandi linee del suo piano, a margine della presentazione a Palazzo Chigi del rapporto della Commissione di studio sul fenomeno della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista. Premettendo che non “c’è niente di più sbagliato dell’equazione tra immigrazione e terrorismo”. 

Per quanto riguarda l’accoglienza dei richiedenti asilo, si tratta di far passare dalla carta alla realtà l’accordo tra Viminale e Anci, che prevede un’accoglienza diffusa, della quale dovrebbero farsi carico tutti i Comuni italiani. La regola dovrebbe essere quella dei 2,5 richiedenti asilo ogni mille abitanti. “Dobbiamo evitare grandi aggregazioni, che producono effetti ingiusti. Mi batterò contro tutte le mie forze contro discriminazioni, sottovalutazioni e non rispetto dei diritti. L’Anci – ammette però anche Minniti – non può costringere i sindaci ad accettare. Entro la fine di gennaio faremo un bilancio su come è stato recepito l’accordo”. 

L’altro fronte è quello delle espulsioni e il titolare del Viminale ha parlato in particolare di quanti si vedono bocciata la domanda di asilo “dopo tre gradi di giudizio” e quindi, “arrivati alla fine del percorso”, diventano irregolari. “Se c’è una persona che in condizione di essere irregolare per legge deve essere rimpatriata. Non si può chiedere a un semplice cittadino o al ministero dell’Interno di non rispettare la legge”.

Si riapre quindi il capitolo CIE. “Non esistono procedure per il respingimento immediato. Ci sono i tempi per le identificazioni e bisogna dialogare col Paese che deve accogliere queste persone. Intanto dobbiamo lasciarle prive di controllo o trattenerle in un luogo da cui poi si possa procedere al respingimento?“. 

Quei luoghi continueranno a chiamarsi Centri di Identificazione ed Espulsione, ma, promette Minniti, “non avranno nulla a che fare con quelli del passato”. Ne discuterà con i presidenti delle Regioni,  per ora dice che pensa a “strutture piccole, con piccoli numeri”, a una “struttura di governance trasparente” e a un “potere esterno che controlli le condizioni di vita in quei centri”. 

La partita del contrasto all’immigrazione irregolare si gioca però necessariamente anche all’estero. Il ministro è già stato a Malta, in Tunisia, dove si punta a velocizzare le riammissioni degli espulsi, e andrà anche a Tripoli, visto che “dalla Libia arrivano il 95% dei flussi”. Cita poi  anche il Sudan nel mantra della “cooperazione per affrontare il problema lì, per fermare i flussi prima che arrivino in Italia”. 

Infine, ribadisce  che la terza gamba del suo progetto riguarderà l’”integrazione” degli immigrati regolari, e che questa  è importante quanto il resto. “La severità nei confronti dell’irregolarità consente di essere più forti sul terreno dell’integrazione”. Terreno sul quale però ad oggi è ancora difficile capire quali passi vorrà fare il nuovo ministro dell’Interno. Bisognerà aspettare che la sua proposta arrivi in Parlamento.

EP

 

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