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Mons. Marchetto: “Limitare ingressi aumenta irregolari”

"In Libia centri detenzione con condizioni di vita anche disumane" Roma, 30 ottobre 2009 – "Dato che i Paesi europei hanno molto limitato, se non addirittura soppresso, le possibilità di entrare legalmente nei loro territori, è rimasta, per chi vuole emigrare, la via del traffico o del contrabbando di esseri umani", secondo l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontifico consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti che denuncia, in particolare, la politica di respingimento del Governo italiano verso la Libia.

Il presule è intervenuto sul tema ‘Mare nostrum, mare dei diritti umani’, in occasione dell’incontro organizzato dalla Konrad-Adenauer-Stiftung presso la Pontificia Università Gregoriana.

"Il fatto tragico – ha detto Marchetto – è che non tutti coloro che partono dalle coste nordafricane, e affidano il loro destino al Mediterraneo, arrivano alla sognata Europa . A migliaia, infatti, sono stati trovati senza vita o dichiarati dispersi in acque, diciamo così, spagnole, italiane, maltesi, tunisine e libiche. Questo senza contare coloro che si sono inabissati, insieme alla loro ‘navicella di speranza’, nel Mediterraneo o nell’Atlantico senza lasciare traccia". Riferendosi, più specificamente, al caso italiano, l’esponente vaticano ha affermato: "Nel passato mese di settembre un rapporto del ‘Human Rights Watch’ (2009) denunciava l’intercettazione da parte delle guardie costiere italiane di migranti e richiedenti asilo africani che navigavano nel Mediterraneo, Mare dei diritti per il titolo della nostra conferenza, respingendoli forzatamente in Libia, come previsto da un accordo bilaterale con quel Governo, e ciò senza valutare la possibilità che vi fossero fra di loro rifugiati o persone in qualche modo vulnerabili. In Libia però esistono centri di detenzione e di rimpatrio dove le condizioni variano da accettabili a disumane e degradanti.

E l’accesso a questi centri è difficile per cui è arduo monitorare il rispetto in essi dei diritti umani, tenendo poi conto che tale Paese non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951, né al relativo Protocollo del 1967, e non riconosce l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati". Tra i diritti "violati" che mons. Marchetto elenca, c’è il principio di ‘non refoulement’, il diritto al "giusto processo", quelli all’integrità fisica, alla dignità umana e persino alla vita, e li possiamo qui solo elencare perché il tempo ci è tiranno. "E’ mare dei diritti? Pongo così la mia domande finale. A voi – conclude Marchetto – l’ardua sentenza, che però, dopo quel che abbiamo fin qui detto, non è poi così ardua".

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