In Egitto sospesa l’ora legale per combattere il caldo. In Italia polemiche sulle Moschee
Roma – 11 agosto 2010 – Sedici ore al giorno, con il caldo e senza mangiare né bere per 28 giorni: anche per questo, digiunare al caldo di agosto «vale doppio».
Milioni di fedeli quest’anno dovranno sopportare uno sforzo maggiore per assolvere uno dei cinque pilastri della loro fede e combattere contro una tra le estati più calde degli ultimi anni. Proprio per questo in Egitto il governo di Mubarak ha deciso di sospendere l’ora solare per rendere meno pesante il digiuno dei fedeli.
Gli orologi saranno spostati di un’ora indietro, anticipando così l’orario ufficiale del tramonto (mercoledì al Cairo alle 18.36, a Roma alle 20.18) e quindi anticipando la rottura del digiuno.
Niente sconti, invece, per i circa un milione di musulmani che vivono in Italia, dove dal Centro Islamico della Moschea di Roma, fanno sapere che si seguirà l’orario legale dell’Italia. La scelta -fanno sapere dalla Capitale – è stata presa sia perché la comunità non può prendere tale decisione, sia perché l’annullamento dell’ora legale in Egitto porterebbe le “lancette degli orologi” egiziani e marocchini (che hanno sospeso l’ora solare) nella stessa posizione di quelli italiani, ovvero Gmt +2.
Sulle polemiche dei giorni scorsi, in relazione alla data d’inizio del mese di Ramadan, si è espresso infine il mufti di Stato egiziano, Ali Gumaa, che al quotidiano locale Al-Masri al-Youm ha dichiarato come l’Egitto si atterrà scrupolosamente sia alle disposizioni del Congresso di Jeddah che alle risoluzioni dell’Accademia di ricerche islamiche del Cairo, rispetto alle quali il Ramadan ha inizio solo con la visione fisica della Luna crescente.
In base a queste disposizioni, Gumaa ha fatto appello a tutti i musulmani del mondo a dare il via al digiuno solo nel momento in cui la prima falce della Luna sarà avvistata nei loro Paesi, in modo da evitare la confusione e divisione dei giorni scorsi.
In Italia, invece, superato il problema dell’orario e del giorno d’inizio del mese di ascetismo, il problema principale per le comunità mussulmane nel Paese rimangono i luoghi di culto.
Se a Roma come sempre la Grande Moschea rimane il centro di culto che richiama centinaia di migliaia di fedeli, nel resto d’Italia il problema rimane irrisolto.
A Milano come nelle altre città italiane i luoghi di preghiera sono spesso ricavati in scantinati, garage e abitazioni private.
Un problema sollevato ancora una volta con forza dal presidente dell’istituto di cultura islamica di Milano, Abdel Hamid Shaari, che ha rivolto un appello al sindaco Moratti. "Non chiediamo una grande moschea ma soltanto un luogo dignitoso come prevede la Costituzione italiana e la Carta dei Diritti dell’Uomo".
Luogo di culto che ancora non c’è, ed infatti, quest’anno sarà utilizzato il teatro Ciak come luogo di raccolta e preghiera per i musulmani di Milano, rispetto al Palasharp, utilizzato negli ultimi due anni.
Marco Iorio
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