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Musulmani moderati: la maggioranza silenziosa con cui bisogna dialogare

Intervista a Magdi Allam, giornalista e saggista vicedirettore del Corriere della Sera

ROMA – La stragrande maggioranza dei musulmani in Italia è moderata, e vuole vivere nel rispetto delle leggi e dei valori fondanti della società italiana. Parola di Magdi Allam, giornalista e saggista vicedirettore del Corriere della Sera, intervistato da Stranieri in Italia.

Magdi Allam, parliamo di integrazione. A che punto siamo in Italia?
La mia sensazione, anche alla luce di quanto è emerso negli scorsi giorni dopo la bocciatura da parte della Cassazione di due norme della legge Bossi-Fini, è che c’è ancora una forte percezione di preoccupazione nei confronti del fenomeno dell’immigrazione. Prevale la paura dello straniero, si tende ad adombrare politiche improntate più alla repressione che non all’investimento per costruire nell’immigrazione. Nel Consiglio dei Ministri il responsabile degli Interni Pisanu aveva chiesto una normativa che agevolasse l’acquisizione della cittadinanza per quegli immigrati che risiedono in Italia da lunga data. Per contro i ministri della Lega hanno sollecitato una revisione della Costituzione per assicurare che i diritti siano prerogativa solo dei cittadini italiani.
Siamo in una fase in cui da parte della società reale c’è una consapevolezza dell’importanza della possibilità degli immigrati, da parte della classe politica c’è ancora una situazione conflittuale che vede gli elementi più negativi in grado di condizionare e frenare una prospettiva di soddisfacente integrazione degli immigrati.

Le recenti polemiche sulle classi islamiche a Milano hanno posto un problema serio. Come risolverlo?
Ritengo che da parte delle autorità scolastiche e dalle autorità comunali e provinciali milanesi ci siano stati degli errori di percezione, che hanno portato a ritenere che quegli esponenti integralisti che gestiscono le scuole islamiche legate alla moschea di viale Jenner e quella di via Quaranta siano i rappresentanti della comunità islamica e che l’istituzione di una scuola islamica rappresenti la volontà della comunità musulmana.
La realtà è estremamente diversa: la stragrande maggioranza dei genitori musulmani in Italia manda i loro figli nelle scuole pubbliche.

Siamo quindi di fronte ad un fenomeno marginale, minoritario…
Si, credo che nell’interesse della maggioranza dei musulmani e nell’interesse della collettività italiana si debba favorire l’inserimento dei ragazzi stranieri nelle scuole pubbliche italiane perché quella è la fucina di un autentica integrazione che non discrimina i ragazzi su base confessionale, etnica e culturale. Tutto ciò non significa non rispettare le religioni, le tradizioni e la cultura. Ma bisogna affermare innanzitutto il rispetto delle leggi e dei valori fondanti la società italiana e non ripetere più l’errore assurdo in cui si è incorsi quando si è addirittura prospettata una soluzione chiaramente anticostituzionale, contraria al diritto internazionale che è quella di classi per soli studenti musulmani. E’ una soluzione che se fosse stata enunciata da parte di elementi dichiaratamente razzisti avrebbe provocato il finimondo. È stata invece enunciata da parte di un preside in buona fede, ma ha confermato quanto sia rischioso confrontarsi con delle realtà senza conoscerle e senza averne gli strumenti cognitivi corretti per interpretarli. Io sono decisamente contrario: bisogna favorire l’integrazione nel binario comune degli italiani.

Il suo ultimo libro si intitola "Kamikaze made in Europe". Sui media non si corre il rischio che i radicalisti islamici possano rubare la scena ai tanti musulmani moderati?
Il rischio c’è. I mass media hanno una forte responsabilità.
Prendiamo il caso di Adel Smith. Lui è un personaggio pittoresco che si è inventato una sigla, "L’unione dei musulmani in Italia", ed è riuscito facendosi scudo di questa sigla, dietro cui in realtà ci sono solo due persone, ad accreditarsi come interlocutore, ad andare in televisione, a manifestare delle posizioni estremamente offensive, provocatorie nei confronti dei simboli della religione cristiana, dei valori culturali e religiosi degli italiani. I mass media hanno una grossa responsabilità. Qualcuno si sarebbe dovuto porre la domanda: "chi è questa persona?", prima di dargli il megafono e tutto quello spazio. Per contro è importante favorire la conoscenza e l’affermazione delle personalità moderate dell’Islam che ci sono.

Quanto è forte questa componente moderata fra i musulmani in Italia?
Credo che in termini di consistenza sia la stragrande maggioranza. Per moderato io intendo qualcuno che vive nel rispetto delle leggi e che vuole convivere pacificamente con gli altri. Questa è la realtà della stragrande maggioranza dei musulmani, più in generale delle comunità degli immigrati in Italia che non fanno notizia proprio perché non sono problematici, non rappresentano un fenomeno conflittuale. Nel momento in cui oggi ci troviamo in una situazione caratterizzata da un’ offensiva del terrorismo di matrice islamica, nel momento in cui l’Islam come immagine è fortemente criminalizzato è importante invece far conoscere all’opinione pubblica italiana la realtà di questa maggioranza , che purtroppo è una maggioranza silenziosa e spesso non ha gli strumenti linguistici e culturali per farsi conoscere. Non ha anche la statura politica per affermarsi: anche qui emerge il ruolo dei media. Dovremmo essere noi giornalisti ad andare a ricercare quelle persone che esprimono delle posizioni compatibili con le leggi e i valori fondanti della società italiana.

Pisanu ha lanciato spesso l’idea di un patto con l’Islam moderato e di una Consulta dei musulmani d’Italia. Dove trovare i giusti interlocutori?
In seno alla società civile: intellettuali, accademici, professionisti, imprenditori, ma anche sindacalisti e operai. Le persone ci sono, bisogna farle uscire dall’ombra. L’idea di una Consulta dei musulmani d’Italia che era stata avanzata da Pisanu è rimasta per il momento solo un’ipotesi, ma capisco anche le ragioni: è difficile portare avanti un’ipotesi del genere in un Governo in cui uno dei partiti, la Lega, è fortemente contrario a qualsiasi prospettiva di dialogo con i musulmani. Io mi auguro che questa ipotesi vada avanti come momento consultivo, senza però equivocare.

Crede sia necessario individuare un organismo che rappresenti tutti i musulmani in Italia?
Io non credo. Questa è una necessità degli italiani e dei cristiani. Proviamo per un attimo ad invertire le parti: oggi ci sono circa tre milioni di cristiani in Arabia Saudita. Se per ipotesi il Governo saudita dovesse decidere di avere tra i tre milioni di cristiani un’unica rappresentanza sarebbe un compito estremamente arduo perché questi tre milioni di cristiani appartengo a più di cinquanta di Paesi. Quelli che nominalmente sono cristiani in realtà potrebbero essere credenti o non credenti, laici, oppure, sul piano confessionale, cattolici, protestanti, ortodossi o appartenenti a chiese scismatiche. Queste stesse differenziazioni esistono anche tra i musulmani. Questo è uno dei temi che io affronto in modo dettagliato nel mio ultimo libro. Gli occidentali nel loro tentativo di voler inquadrare a tutti i costi i musulmani finiscono per attribuire loro delle categorie religiose e concettuali che sono proprie dell’Occidente, della cristianità, ma che non hanno riscontro tra i musulmani.

Quali?
La prima è la comunitarizzazione: quella cioè di immaginare che i musulmani siano un’unica comunità, questo è un falso! Poi c’è quella di immaginare che il musulmani abbiano un clero, per cui si finisce di individuare nell’imam una sorta di vescovo dei musulmani. Inoltre si immagina che le moschee siano al centro della vita dei musulmani così come lo è la chiesa. Anche questo è un falso: in Italia la percentuale dei musulmani che frequenta abitualmente le moschee è solo del 5%.
E’ necessario sempre confrontarsi con la realtà così com’è, non come la vorremmo. La realtà si esprime nel vissuto delle persone, non sulla base di una nostra interpretazione basata su quello che direbbero dei Testi Sacri e che si fanno calare delle categorie ideali nel vissuto delle persone per cui si dice: "Se il Corano dice questo allora il musulmano è così". Bisogna avere un approccio sociologico, partendo dalla base. Partendo dall’alto, dai massimi sistemi, vai ad immaginare l’"homo islamicus"…

(22 luglio 2004)

Stefano Camilloni

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