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Negozi etnici. Sì alla “legge Harlem”, giro di vite in Lombardia

Lega Nord e Pdl in Consiglio Regionale approvano le nuove “Disposizioni in materia di artigianato e commercio”. Italiano obbligatorio per vendere bevande e alimenti, programmazione delle attività commerciali affidata ai Comuni, che potranno limitare le attività “non tradizionali”

 

Roma – 15 febbraio 2012 – Per vendere kebab, ma anche per aprire un bar o un ristorante, in Lombardia bisognerà conoscere l’italiano. Se poi si avvia un’attività nel centro storico, bisognerà anche sperare che il sindaco di turno non la trovi poco in linea con le tradizioni padane.

Sono alcune delle nuove “Disposizioni in materia di artigianato e commercio” (la cosiddetta “legge Harlem”) volute dalla Lega Nord e approvate ieri in Consiglio Regionale anche con i voti del Popolo delle Libertà, che metteranno i bastoni tra le ruote soprattutto agli imprenditori immigrati.

I cittadini stranieri che vogliono avviare un’attività di somministrazione di alimenti e bevande dovranno dimostrare di conoscere la lingua italiana, chi non ha un certificato dovrà frequentare un corso presso la Camera di Commercio. Anche tutte le informazioni commerciali, dalle insegne alle etichette, andranno tradotte anche in italiano, tranne che per quei termini che ormai sono di uso comune (difficile, quindi, che si debba scrivere ‘panino alla carne’ invece che ‘kebab’).

La nuova legge interviene anche sui centri massaggi, spesso gestiti da orientali. D’ora in poi tutte le attività che comportano “prestazioni,  trattamenti e manipolazioni sulla superficie del corpo umano, ivi compresi i massaggi estetici e rilassanti, finalizzate al benessere fisico, al miglioramento estetico della persona o alla cura del corpo priva di effetti terapeutici” sono assimilate all’attività di estetista, e quindi dovranno rispettare le stesse regole e garantire la presenza di personale con le adeguate qualifiche professionali.

I comuni avranno poi la possibilità di programmare l’avvio di nuove attività commerciali nei centri storici e in aree che vogliono riqualificare. Tra le altre cose, i sindaci potranno “differenziare le attività commerciali”, il che presuppone distanze minime tra negozi analoghi, vietare l’apertura di negozi che ritengono in “contrasto con la tutela di valori artistici, storici o ambientali” o limitare “l’insediamento di attività che non siano tradizionali o qualitativamente rapportabili ai caratteri storici, architettonici e urbanistici dei centri”.

“Nell’elaborare questo provvedimento ci siamo ispirati all’azione dell’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, che è riuscito a risollevare le sorti di un quartiere degradato e problematico come quello di Harlem. La nostra legge infatti si propone di gestire l’immigrazione in maniera responsabile, evitando la formazione di ghetti e le implicazioni che ne derivano a livello di sicurezza e concorrenza sleale” dice Massimiliano Orsatti, Lega Nord, relatore del progetto di legge.

Arianna Cavicchioli, del Partito Democratico, parla invece di una legge “discriminatoria” e “incostituzionale”. “Non tiene conto – spiega – dei provvedimenti nazionali: la manovra correttiva d’agosto del governo Berlusconi, i decreti “salva Italia” e “crescitalia”, poi convertiti in legge, e quello sulle semplificazioni. L’Assemblea ha votato un testo che si fermerà davanti alla Corte Costituzionale perché contiene palesi motivi d’illegittimità”.

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Legge Regionale 27 febbraio 2012 , n. 3
Disposizioni in materia di artigianato e commercio e attuazioni della Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno. Modifiche alle leggi regionali 30 aprile 2009, n. 8 (Disciplina della vendita da parte delle imprese artigiane di prodotti alimentari di propria produzione per il consumo immediato nei locali dell’azienda) e 2 febbraio 2010, n. 6 (Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere)

Elvio Pasca

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