Consiglio di Stato – VI Sezione – Sentenza n. 3902 del 8 agosto 2008
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello presentato da un cittadino extracomunitario avverso la revoca del suo permesso di soggiorno, dovuta a una precedente condanna per furto aggravato, ostativa alla permanenza nel nostro Paese. Il ricorrente, nelle censure svolte ha ritenuto la sentenza illegittima in quanto viziata da errori di diritto. I Giudici di prime cure, infatti, non avevano valutato che la sentenza di condanna ( risalente al 1995) era stata resa ex art. 444 cpp; non avevano tratto le logiche conseguenze dalla circostanza che, decorsi cinque anni, detta tipologia di decisioni del Giudice penale ex art. 445 cpp, risultava estinta ed improduttiva di effetti giuridici ai sensi dell’ art. 445 cpp. Peraltro l’appellante svolgeva attività lavorativa regolare in Italia, quivi risiedeva la propria famiglia, ed aveva recentemente acceso un mutuo per l’acquisto di una casa. Aveva il diritto ad ottenere il richiesto titolo abilitativo al soggiorno. Sussisteva infatti ogni idoneo elemento legittimante la permanenza dell’appellante in Italia: in particolare, l’assenza di precedenti penali successivi a quello cui si erano riferiti i primi Giudici, consentiva di ritenere viziata l’azione dell’amministrazione ed ingiusta la sentenza appellata. In via di principio la Sezione condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “lo scrutinio di legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere condotto sulla base degli elementi di fatto e della normativa vigente al momento della sua emanazione.” Deve però al contempo evidenziarsi che nella particolare materia oggetto dell’odierno appello è stato lo stesso Legislatore a dare rilievo a particolari fattispecie di sopravvenienze, tra le quali rientra, ad esempio, il sopravvenuto conseguimento del beneficio della riabilitazione da parte dello straniero precedentemente condannato. Si è pertanto coerentemente affermato, che “la sentenza di condanna costituisce motivo implicito di diniego dell’autorizzazione alla legalizzazione ex art. 1 d.l. 9 settembre 2002 n. 195, conv. in l. 9 ottobre 2002 n. 222, la quale esclude il divieto di regolarizzazione del rapporto di lavoro dello straniero nell’ipotesi in cui il procedimento penale si sia concluso con una sentenza assolutoria, con la conseguenza che, per converso, il divieto opera nel caso di denuncia seguita da condanna. La stessa norma fa salvi gli effetti della riabilitazione, il che consente agli interessati di rimediare all’ultrattività di sentenze di condanne risalenti nel tempo, consentendo, quindi, l’estensione dell’operatività della norma anche nei loro confronti. (Consiglio Stato , sez. VI, 31 maggio 2006, n. 3307). Ritiene la Sezione di condividere l’orientamento secondo il quale alla riabilitazione possa equipararsi l’automatica estinzione della condanna inflitta in sede di “patteggiamento”, ai sensi dell’art. 445 cpp. Ritiene la Sezione che i primi Giudici abbiano omesso di valutare la circostanza che, risalendo la condanna subita dall’appellante all’anno 1995, si era già verificata, al momento in cui fu resa la appellata sentenza, la causa estintiva in oggetto prevista dall’art. 445 cpp.
in Normativa
Consiglio Stato 8 agosto 2008 Fondato appello per sopravvenuta riabilitazione straniero condannato
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