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Nuovo regolamento UE sui rimpatri di migranti irregolari: cosa prevede e perché se ne discute

Roma, 12 marzo 2025 – Lo scorso martedì la Commissione Europea ha proposto un nuovo regolamento per favorire i rimpatri delle persone migranti che si trovano nell’Unione in modo irregolare. Si tratta di una normativa che, se approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo, sarebbe vincolante per tutti gli stati membri, sostituendo la direttiva attualmente in vigore e uniformando ulteriormente le procedure.

Uno dei punti più importanti contenuti nel regolamento riguarda la possibilità, per gli stati membri, di trasferire i migranti irregolari in attesa di espulsione presso strutture collocate fuori dal territorio comunitario, definite “return hubs”. Secondo Henna Virkkunen, vicepresidente della Commissione Europea, l’idea è che questi centri garantiscano «condizioni molto stringenti» e ospitino unicamente persone che hanno già ricevuto un ordine di espulsione. Rispetto al modello attualmente sperimentato dal governo italiano in Albania, che era stato pensato anche per chi era ancora in attesa di ricevere una risposta alla domanda di asilo, i “return hubs” europei potrebbero dunque funzionare in modo diverso: niente trasferimenti preventivi, ma strutture finalizzate a eseguire più rapidamente i rimpatri di chi non ha titolo per restare nell’Unione.

Nuove regole per semplificare i rimpatri
La proposta della Commissione interviene anche su aspetti legati alle procedure di espulsione, che tradizionalmente sono lunghe e complesse. In particolare, prevede di facilitare il riconoscimento reciproco degli ordini di rimpatrio tra gli stati membri: se un paese emette un provvedimento di espulsione nei confronti di una persona, un secondo paese europeo potrà adottare la stessa decisione senza ripetere l’intero iter burocratico. Al momento questa misura sarebbe facoltativa, ma potrebbe comunque accelerare le procedure e garantire maggiore coerenza fra le decisioni assunte dai vari governi.

Uno degli obiettivi dichiarati dal commissario agli Affari interni e alla Migrazione, Magnus Brunner, è rendere effettivi i rimpatri: oggi, infatti, solo il 21 per cento degli ordini emessi viene realmente portato a termine. Le ragioni di questo fallimento parziale sono molteplici: accordi bilaterali con i paesi d’origine non sempre efficaci, procedure burocratiche complesse e vincoli giuridici che ne rallentano l’applicazione.

Il dibattito politico
La proposta di regolamento nasce anche dalle forti pressioni politiche esercitate dai partiti di destra ed estrema destra in diversi stati membri, i quali chiedono da tempo una stretta maggiore sulle migrazioni. L’argomento è cruciale da anni nel dibattito pubblico europeo e nazionale: non solo per i partiti che puntano su una retorica anti-immigrazione, ma anche per forze di governo e di centrosinistra che devono confrontarsi con l’insoddisfazione di parte dell’elettorato rispetto alla gestione dei flussi migratori.

Il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), per esempio, si è detto contrario alla possibilità di trasferire i migranti in centri posti fuori dall’Unione, sostenendo che tali strutture sollevano «dubbi legali» e rappresentano un «inutile spreco di risorse», senza risolvere i problemi alla base della gestione delle migrazioni.

Il passaggio da direttiva a regolamento
Un altro elemento rilevante è la natura dell’atto giuridico. Finora, le regole sui rimpatri erano stabilite da una direttiva, cioè un testo che affida ai singoli stati il compito di emanare norme nazionali per raggiungere specifici obiettivi. Il nuovo provvedimento proposto dalla Commissione è invece un regolamento: la sua approvazione imporrebbe l’applicazione integrale e uniforme in tutti i paesi membri, riducendo notevolmente i margini di adattamento alle legislazioni nazionali.

Il percorso per l’approvazione, tuttavia, potrebbe essere lungo. È necessario che il regolamento ottenga l’approvazione del Parlamento Europeo e del Consiglio europeo, e il dibattito sugli aspetti critici – soprattutto la costruzione e la gestione di centri in paesi terzi – rischia di allungare i tempi di negoziazione.

Prospettive e critiche
Il tema dei rimpatri si intreccia con quello più ampio della revisione delle politiche migratorie europee. Già nella precedente legislatura, l’UE aveva reso più rigide le regole per i richiedenti asilo, in particolare per chi proviene da paesi classificati come “sicuri” (una lista spesso controversa, dato che in molti casi la Tunisia e altri stati non offrono reali garanzie di sicurezza).

La proposta di regolamento sui rimpatri rappresenta quindi l’ultimo tassello di un processo più ampio, in cui la Commissione cerca un equilibrio tra la domanda di maggiore severità espressa da diverse forze politiche e la necessità di rispettare gli obblighi umanitari e internazionali in materia di protezione delle persone migranti. Il confronto in sede europea continuerà nei prossimi mesi, con il Parlamento e il Consiglio impegnati a definire i dettagli di una normativa destinata a incidere in modo significativo sul futuro delle politiche migratorie dell’Unione.

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