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Ocse: in Italia 4,5 milioni di cittadini immigrati

Da oggi on line l’ultimo rapporto completo dell’Ocse sull’immigrazione.
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ROMA – ”In Italia il quadro dell’immigrazione e’ in rapida evoluzione e del resto e’ gia’ radicalmente mutato rispetto all’ultimo censimento, con 4,5 milioni di immigrati pari al 7% della popolazione nel 2007 contro il 3,9% del 2000”.

Lo hanno sottolineato Georges Lemaitre, l’autore dell’ultimo rapporto sull’immigrazione pubblicato in questi giorni dall’Ocse, nel fare il punto sulla situazione italiana assieme a Jonathan Chaloff, un economista della divisione lavoro e affari sociali e esperto dell’Italia.

A loro avviso al prossimo censimento, cioe’ tra tre anni circa, la percentuale salira’ all’8-9% della popolazione, oltre il doppio del 3,9% censito dal rapporto in base ai dati del 2000 che integrano i 2 milioni di immigrati nati all’estero e 1,5 milioni di cittadini di origine italiana nati all’estero. Secondo i due esperti dell’Ocse, il flusso annuo reale di immigrati e’ di 300.000-350.000, quasi il doppio del 180.000 censiti ufficialmente (dati 2005). La percentuale degli immigrati nella forza lavoro e’ salita dal 4,7% del 2005 al 6,9% alla fine del 2007. Per gli avviamenti al lavoro (job start) la percentuale sale al 19,1% per i lavoratori extracomunitari, a conferma della maggiore precarieta’ di questi lavoratori che evidentemente cambia lavoro con maggiore frequenza degli altri. Per l’Ocse l’Italia deve fare di piu’ per risolvere il problema di come ‘incanalare il flusso” degli immigrati che cercano lavoro sulla via della legalita’.

Due sono, ad avviso degli esperti, le vie possibili: una e’ la concessione di ‘job visa’, cioe’ visti destinati a chi vuole venire in Italia per cercare lavoro, e l’altra la creazione di centri di intermediazione nei paesi di emigrazione che metta in contatto i datori di lavoro con i potenziali lavoratori. Un esempio da seguire sarebbe quello della Spagna che ”si sta muovendo bene su questa strada”. Questi centri di intermediazione, hanno aggiunto, valgono per le aziende, soprattutto le grandi, ma non per le famiglie alla ricerca di aiuti domestici, e sono efficaci solo se assicurano tempi rapidi. Quanto ai ‘job visa’, che permetterebbero agli aspiranti immigrati di non ricorrere ai visti turistici, dovrebbero avere una durata limitata nel tempo. I due economisti hanno anche sottolineato come in Italia la crescita della popolazione sia legata sostanzialmente all’ apporto dell’immigrazione necessaria per il paese anche per far fronte a una forte domanda di manodopera.

ITALIANE E IMMIGRATE, UGUALE TASSO OCCUPAZIONE
Sempre secono il rapporto, in Italia, le donne italiane hanno lo stesso tasso d’occupazione di quelle straniere.
I dati, che si riferiscono al 2000, partono da una visione generale del mercato del lavoro per gli immigrati residenti nei Paesi dell’Ocse, che vedono grosse differenze tra Paese e Paese: si passa ad esempio da un tasso di occupazione sotto il 50% per gli immigrati che vivono in Belgio e Finlandia, a un tasso superiore al 65% in Canada, Svizzera, Lussemburgo e Portogallo. Nei Paesi dell’Europa meridionale, sottolinea l’Ocse, il tasso di occupazione degli immigrati e’ piu’ alto di quello dei nativi: in Italia, infatti, e’ occupato il 58% degli immigrati contro il 54,7% degli italiani. Per quanto riguarda le donne, i dati dell’organizzazione confermano le difficolta’ che si trovano a fronteggiare le immigrate che vogliano entrare nel mercato del lavoro in alcuni dei Paesi Ocse: in genere, hanno un tasso di partecipazione piu’ basso sia rispetto agli immigrati maschi sia rispetto alle native. E questo e’ maggiormente vero laddove la partecipazione delle donne al lavoro e’ tradizionalmente piu’ alta, come ad esempio nella maggior parte dei Paesi nordici, mentre il dato si capovolge nei Paesi dell’Europa meridionale. In Italia, dove le italiane registrano un tasso di occupazione del 42,4%, le immigrate hanno un tasso quasi uguale (42,6%). La forbice si allarga, invece, se consideriamo il tasso di disoccupazione, che e’ al 18,4% per le straniere e al 14,6% per le native.

IMMIGRATI TRIPLICATI DAGLI ANNI SESSANTA
La popolazione immigrata nei paesi dell’Ocse e’ piu’ che triplicata a partire dagli anni Sessanta ad oggi, arrivando ad un totale di oltre 75 milioni di persone, in leggera prevalenza donne (51,1%). Lo rivela un rapporto Ocse, presentato oggi a Parigi, che ha tentato di realizzare un ”profilo della popolazione immigrata nel 21/mo secolo”, che segnala come come il rapporto tra immigrazione e sviluppo economico si sia intensificato e sia cresciuto di importanza. I dati del rapporto Dioc (Database on immigrants in Ocse) riguardano trenta paesi, la maggior parte europei, ma anche i tre Nord americani, gli asiatici Giappone, Corea e Turchia, Australia e Nuova Zelanda.

ITALIANI POPOLO DI MIGRANTI
Gli italiani, assieme ai tedeschi e ai turchi, occupano la top five delle popolazioni di area europea che immigrano di piu’ negli altri paesi dell’Ocse. Lo rivela il rapporto dell’Ocse, presentato oggi a Parigi, sull’immigrazione nei paesi Ocse dagli anni sessanta a oggi. Nei due terzi dei paesi dell’Ocse, gli immigrati provenienti dall’area Ocse rappresentano il 40% o piu’ degli immigrati.

NATI ALL’ESTERO
Il 7,5% della popolazione dei paesi dell’Ocse e’ nato in un paese diverso da quello in cui ora risiede. Il 4,4% non ha assunto la nazionalita’ del paese che lo ospita. Nel caso dell’Italia, i nati all’estero corrispondono al 4% degli abitanti e provengono per lo piu’ dalla Svizzera, dall’ex Jugoslavia, dalla Germania, dal Marocco e dall’Albania. In generale il 51,1% (in Italia il 54,4%) degli immigrati nei paesi Ocse e’ donna e la maggior parte di coloro che lasciano la madrepatria ha tra i 25 e i 64 anni (in Italia sono il 65,2% degli immigrati).

IMMIGRATI HANNO ISTRUZIONE SUPERIORE
Il 23,6% degli immigrati ha conseguito il diploma di laurea. Il dato supera di alcune unita’ quello degli indigeni, fermo al 19,1%. E’ molto alto, pero’ il numero degli immigrati che svolge un lavoro al di sotto della qualifica scolastica ottenuta in madrepatria.

IMMIGRATI E LAVORO
Il 62,3% degli immigrati, tra i 15 e i 64 anni, ha un lavoro. Ciononostante la disoccupazione degli immigrati rimane un problema aperto, soprattutto in alcuni paesi europei. Il 28,2% degli immigrati e’ impiegato nell’agricoltura o nell’industria, il 12,4% in servizi di produzione, il 20% in servizi di distribuzione e il 39,3% nei servizi sociali o per la persona.

A USA PRIMATO PER NUMERO IMMIGRATI
Negli Stati Uniti vivono 31,4 milioni di immigrati. Segue la Germania con circa 8 milioni, la Francia con 5,6. I dati Ocse fanno riferimento pero’ all’inizio degli anni 2000, quando l’Italia, che oggi si avvicina a quota quattro milioni di immigrati, ne contava poco piu’ che la meta’.

QUASI 4 IMMIGRATI ASIATICI SU 10 CON LAUREA FANNO PARTE DEI 16 MILIONI CHE DALL’ASIA VIVONO NEI PAESI OCSE
Quasi 4 immigrati asiatici su 10 vanno all’estero a cercare fortuna con una laurea in tasca.
Nel 2000 si registra la presenza di oltre 16 milioni di asiatici nei paesi Ocse (circa il 21% della popolazione straniera). E la loro principale caratteristica e’ l’alto livello medio di istruzione: oltre il 38% degli immigrati asiatici ha un’educazione di terzo livello, e dunque a livello universitario (laurea di primo o secondo livello) a fronte di una media generale del 24%. Per quanto riguarda i Paesi di destinazione, quasi la meta’ degli immigrati asiatici vive negli Stati Uniti (7,8 milioni), 1,8 milioni hanno scelto il Canada, 1,5 milioni il Regno Unito e 1 milione l’Australia. In tutto, questi quattro Paesi calamitano circa il 75% di tutti gli asiatici residenti nell’area Ocse. E quattro Paesi d’origine sfornano quasi la meta’ degli asiatici residenti nei Paesi Ocse: Cina (oltre 2 milioni), India (1,9 milioni), Filippine (1,9 milioni) e Vietnam (1,5 milioni). Seguono Corea, Pakistan, Iran e Giappone.

Questa ”fuga di cervelli” se incide poco in India e Cina, puo’ avere un impatto ben piu’ pesante per i piccoli stati dell’est asiatico. E a volte fa registrare un gap educativo sfavorevole alla popolazione locale nei Paesi ospitanti: negli Usa, ad esempio, nel 2000 il 46% degli immigrati asiatici puo’ vantare un’istruzione a livello universitario e il 5,7% ha addirittura un dottorato a fronte di percentuali rispettivamente del 27,4% e del 2,6% attribuibili agli americani. A guardare poi i singoli Paesi d’origine si scopre che, sempre negli Usa, ad esempio, il 70% degli indiani residenti ha una laurea e il 7% un dottorato di ricerca. Naturalmente non tutti gli immigrati asiatici hanno questi elevati livelli di istruzione.

Non li hanno certamente coloro che arrivano da Laos, Cambogia e Vietnam che pero’ alimentano un flusso migratorio fatto piu’ di rifugiati che di persone in cerca di lavoro. Un importante elemento da considerare e’ che il livello di istruzione di questa fetta di immigrati non e’ legato soltanto alle competenze acquisite nel Paese d’origine. Spesso, infatti, si tratta di immigrati arrivati nel Paese ospitante in tenera eta’ e quindi li’ cresciuti ed educati oppure di ragazzi andati via dal loro Paese per studiare all’estero. Un fenomeno, questo, confermato da altri studi Ocse (Education at a glance) secondo i quali gli studenti stranieri nei Paesi Ocse provengono soprattutto da Cina, India, Corea e Giappone. Infine, per cio’ che concerne gli sbocchi lavorativi, e’ nota la consistente presenza di indiani e cinesi nel settore dell’It (Information technology) cosi’ come tra fisici, matematici e ingegneri.

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