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Permessi di soggiorno, avanti con Poste?

Si va verso un rinnovo della convenzione. Mentre gli esperimenti nei Comuni sono al palo Roma – 23 settembre 2008 – Gli stranieri in Italia avranno probabilmente a che fare ancora a lungo con gli uffici postali, almeno per quanto riguarda le costose domande per il permesso di soggiorno. 

È dal dicembre del 2006 che chi deve chiedere il rilascio o il rinnovo del permesso deve fare tappa in un ufficio di Poste. Ma quella che era stata presentata come un’operazione in grado di eliminare le file e ridurre i tempi di attesa ha funzionato, finora, solo a metà.

Se infatti di fronte a questure e commissariati non si vedono più serpentoni più o meno ordinati di immigrati, turni di notte, liste per non perdere il posto ecc., la situazione sui tempi di attesa non è migliorata. E, a giudicare dal bilancio tracciato a un anno e mezzo di distanza dall’entrata in vigore del nuovo sistema, non si tratta di problemi di rodaggio.

Un milione in attesa
Secondo i dati del Viminale, tra dicembre 2006 e giugno 2008, sono state presentate agli uffici postali 1,7 milioni di domande. Considerato che ogni domanda costa circa 70 euro, fanno 120 milioni di euro sborsati dagli immigrati: circa 50 milioni sono andati a Poste Italiane per il servizio, il resto allo Stato per pagare le tasse e la stampa del permesso di soggiorno elettronico.

Fatto sta che, a fronte di  1,7 milioni di domane, i permessi elettronici attivati fino allo scorso giugno erano circa 700mila. Vuol dire che un milione di persone, pur avendo pagato profumatamente il servizio, erano ancora in attesa del documento e potevano esibire solo la ricevuta della domanda, il famigerato “cedolino”.

Dov’è il blocco? Poste Italiane si chiama fuori, e fa sapere che “in media passano poco più di quattro giorni dal momento in cui la domanda viene presentata allo sportello a quello in cui i dati sono a disposizione delle Questure per essere lavorati”. Merito anche dei 250 lavoratori impegnati nei Centri Servizi, che digitalizzano le domande.

I rallentamenti, quindi, ci sono nei passaggi successivi, quando le Questure verificano i requisiti e convocano i diretti interessati per fotografia e impronte digitali. Dopo il via libera, il Poligrafico stampa il permesso di soggiorno elettronico, che poi arriva in Questura per essere finalmente ritirato.

Rinnovo in vista
La convenzione tra Poste italiane e ministero dell’Interno scadrà nel 2009, ma al momento tutto lascia pensare che ci sarà un rinnovo. Basta dare un’occhiata al progetto "Reti Amiche", avviato a luglio scorso dal ministero della Funzione pubblica per "agevolare il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione".

L’obiettivo è quello di erogare servizi pubblici attraverso nuovi canali, come ad esempio banche, tabaccai,  farmacie supermercati e, appunto, uffici postali. Proprio in un accordo per "Reti Amiche" siglato l’8 luglio scorso dal ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, e dall’amministratore delegato di Poste Italiane, Massimo Sarmi, si parla anche di permessi di soggiorno.

In particolare, Poste si impegna a “promuovere e potenziare i servizi, già oggi disponibili al cittadino” e  manifesta “la propria disponibilità, in conformità a quanto previsto dalle specifiche convenzioni, ad assicurare l’operatività”, tra gli altri, del servizio di “Rilascio e Rinnovo dei Permessi di Soggiorno”.

Certo, tutto andrà fatto “in conformità” alla convenzione già siglata nel 2006, ma considerato che l’ accordo per “Reti amiche” scadrà alla fine del 2011, che senso avrebbe non rinnovare almeno fino a quella data la vecchia convenzione? Tanto più dopo essersi impegnati a potenziare servizi di questo tipo…

E i Comuni?

Al momento, del resto, non si vedono alternative. È impensabile che si torni alle file in Questura, e non ci sono progressi evidenti per quanto riguarda l’affidamento dei rinnovi ai Comuni.

È vero che 170 Comuni, da soli o unendo le forze, hanno già aperto più 300 sportelli per l’assistenza nella compilazione delle domande, ma la tappa all’ufficio postale per la presentazione rimane obbligatoria.

L’ esperimento avviato per “saltare” Poste, consegnando direttamente la domanda in Comune, va a rilento. L’ultimo stop è arrivato la scorsa primavera, quando al Viminale si sono accorti che i Comuni non potevano stampare ricevute “affidabili” come il cedolino e che il bollettino per il permesso di soggiorno elettronico  poteva essere pagato solo negli uffici postali.

“Da allora tutto tace e siamo ancora in attesa di un incontro col ministro dell’Interno Maroni. Il governo deve chiarire le sue intenzioni, vuole affidare o no il rinnovo dei permessi ai Comuni?” dice Fabio Sturani, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Comuni italiani.
 
Intanto, avanti con le domande all’ufficio postale. Settanta euro subito, il permesso non si sa.

Elvio Pasca

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