Il racconto di due superstiti raccolto dall'Oim. “700 morti negli ultimi giorni. Continuare a soccorrere in acque internazionali”
15 settembre 2014 – Sarebbero circa 500 i dispersi del naufragio avvenuto la scorsa settimana a 300 miglia al largo di Malta, e a causare l'incidente sarebbero stati gli stessi trafficanti, che – da una seconda imbarcazione – avrebbero di proposito fatto colare a picco il barcone con a bordo i migranti, con i quali era nato un violento scontro.
A raccontare questa terribile storia agli operatori dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) in Sicilia sono stati i due sopravvissuti di nazionalità palestinese, due ragazzi fuggiti da Gaza e andati in Egitto a inizio settembre, soccorsi in alto mare dal mercantile panamense “Pegasus” e portati a Pozzallo due giorni fa.
L'Oim segnala che se questa storia -sulla quale sta investigando la Polizia – sarà confermata, sarebbe il naufragio più grave degli ultimi anni. Un episodio particolarmente grave in quanto non si tratterebbe di un incidente, ma di un omicidio di massa, perpetrato da criminali senza scrupoli né alcun rispetto per la vita umana.
Speronati dagli scafisti
Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, i migranti – siriani, palestinesi, egiziani e sudanesi – sono partiti in 500 da Damietta, in Egitto, sabato 6 settembre. Tra loro anche molte famiglie con bambini e minori non accompagnati. Dopo aver già cambiato diverse imbarcazioni lungo la rotta, mercoledì scorso i trafficanti – a bordo di un altro natante – hanno chiesto ai migranti di "saltare" su un'ennesima nave più piccola e precaria. Comprendendo la pericolosità della situazione, molti si sono ribellati: ne è nato uno scontro con i trafficanti, che a un certo punto, innervositi, hanno speronato il barcone dei migranti dalla poppa facendolo affondare.
La maggior parte delle 500 persone sono cadute in mare e affogate, altre sono riuscite a restare a galla aggrappandosi a mezzi di fortuna: tra queste i due giovani palestinesi. Uno di loro ha raccontato all'OIM di essersi aggrappato a un salvagente con altre 7 persone, che col passare delle ore non hanno sostenuto la fatica. L’ultimo a restare accanto a lui è stato un bambino egiziano che, prima di mollare la presa, ha raccontato di essere partito per cercare di inviare a casa i soldi necessari a pagare le cure del padre gravemente malato di cuore.
Dopo circa un giorno e mezzo in queste condizioni il ragazzo è stato avvistato da altri migranti che erano stati salvati dal mercantile “Pegasus”, che stava portando in Sicilia 386 persone soccorse soccorse a bordo di un'altra imbarcazione intercettata in zona poco prima. Il secondo ragazzo palestinese, che era riuscito a restare a galla grazie al giubbotto di salvataggio che aveva addosso, è stato salvato poco dopo. I mezzi di soccorso maltesi e greci intervenuti nel frattempo nell'area avrebbero trovato e salvato altri 9 migranti facenti parte dello stesso gruppo.
“Continuare a soccorrere in acque internazionali”
Alla luce di questi racconti l’OIM sottolinea come il bilancio di vittime di queste ore nel Mediterraneo sia pesantissimo, in quanto è di poche ore fa la notizia di un altro grave naufragio con oltre 200 dispersi avvenuto ieri al largo della Libia, e di un altro incidente con vittime di fronte alla costa egiziana. Sarebbero quindi 700 le persone morte in mare in questi ultimi giorni.
Questi tragici eventi dimostrano come da una parte sia necessario che le operazioni di soccorso in alto mare continuino a essere svolte in acque internazionali – così come fa Mare Nostrum -, e dall'altra quale sia il grado di aberrazione raggiunto dai trafficanti, che quest'anno fanno viaggiare i migranti su barche sempre più fatiscenti e sovraffollate, causando in modo diretto o indiretto la morte di migliaia di persone.
L’OIM si appella alla comunità internazionale affinché si adoperi in modo efficace per fermare questi criminali, che devono essere identificati e perseguiti. Allo stato attuale l'unico modo per rendere impotenti queste organizzazioni è cominciare ad aprire canali legali di entrata in Europa per tutte quelle persone, uomini, donne, bambini, che fuggono dai loro paesi in cerca di protezione.