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Razzismo, la storia di Sara Anceschi, una “mamma nera con figli bianchi”: “Sono stufa di essere scambiata per la tata”

Roma, 23 agosto 2022 – Quanto è radicato il razzismo in Italia? La risposta è semplice: terribilmente. Lo dimostra la storia di Sara Anceschi, maestra e mamma 38enne adottata da piccola a Salvador de Bahia da genitori di Torino che oggi lotta continuamente contro gli sguardi della gente. Contro le espressioni di chi, vedendola con dei bambini di carnagione chiara, danno per scontato che lei non possa essere la madre. Al massimo una tata.

Razzismo, la storia di Sara Anceschi

“Sono sempre stata quella diversa nella mia famiglia colorata: io mulatta e con i capelli afro, i miei genitori bianchi. Non vedevo l’ora di diventare madre per avere qualcuno che mi assomigliasse. E mi immaginavo, naturalmente, un figlio color cioccolato. Invece nove anni fa in sala parto c’è stata la sorpresa: il mio bimbo era bianco. E la sorella, tre anni fa, era ancora più chiara e biondissima con gli occhi verdi”, ha raccontato a Repubblica. Quella che per i presenti, per i parenti e gli amici si è limitata a essere una sorpresa in ospedale, però, nel tempo è diventata praticamente una condanna.

“Vado in giro e vedo che la gente guarda me, poi guarda i bimbi, poi guarda di nuovo me. E leggo negli occhi le domande che si fanno “Chi è lei?” Penseranno alla tata o chissà a chi. Finché ci sono solo i bimbi con mio marito, passano in mezzo alle persone con indifferenza, ma se mi aggiungo io tutto cambia”.

Dalla curiosità, quindi, si passa in fretta alle conclusioni più disparate. “Ho sempre sentito addosso gli sguardi della gente, unica bambina nera della mia scuola a San Mauro, e lo vedevo come la gente guardava la mia famiglia. Sono passati tanti anni e non è cambiato nulla, anzi le cose forse sono ancora peggiorate e il razzismo nella nostra società è aumentato“. E anche quando il razzismo non è esplicito, quando non viene dichiarato, è facile percepirlo. “Come quelli che ti chiedono come sia possibile che una bimba così bionda sia figlia mia. Poi per rimediare ti dicono che i figli degli incroci sono i più belli”.

Come se certe parole, dette dopo, potessero far tornare indietro il tempo. Solo la scorsa settimana anche il figlio ha dovuto assistere a un episodio di razzismo a causa della sua abbronzatura. “In spiaggia gli hanno chiesto da dove veniva, lui ha detto che è italiano e si è sentito rispondere che gli italiani non hanno la pelle così. E non è stata la risposta di per sé che mi ha fatto stare male, ma il modo in cui mio figlio si è rabbuiato. Finora i miei bimbi non si accorgevano degli sguardi della gente, ma adesso mi preoccupo per loro”, ha ammesso Sara.

“Ma sa cosa le dico? Che alla fine è un bene per loro che siano bianchi, credo che avranno meno problemi e non avranno sempre la lente puntata addosso, quando dovranno entrare in discoteca, quando si dovranno presentare… E mi spiace dirlo perché io sono sempre stata molto orgogliosa di essere nata in Brasile”, ha sottolineato poi sconsolata.

Sara: “E’ un bene che i miei figli siano bianchi: avranno meno problemi”

Sara ormai è abituata all’intolleranza e al razzismo. Questo, però, non significa che non sia preoccupata per i suoi figli. “Io ho le spalle larghe. Da bambina è capitato che mi dicessero “Tu non puoi giocare perché sei nera” e fa male, non si può dire di no. Ma i miei genitori mi hanno insegnato a difendermi e, oltre alla mia famiglia, ho avuto anche insegnanti fin dall’asilo che hanno saputo affrontare questi episodi in modo eccellente e questo mi ha fatto crescere in modo sicuro. Ma mi spaventa quello che potranno vivere i miei figli“.

Della sua adozione, tra l’altro, Sara ne ha fatto motivo di esempio. E infatti l’ha raccontata in un libro dal titolo “Mamma, tu in che pancia sei nata?”, un testo che parla non solo di adozione, ma anche del ruolo della maestra in classe quando tra gli studenti c’è un bambino adottato. “Sono convinta che l’adozione sia un punto di partenza diverso nella vita ma non deve essere un marchio che accompagna una persona tutta la vita. Nella mia esperienza, poi, ho avuto la conferma che la somiglianza fisica tra genitori e figli non ha alcuna influenza sul legame che si crea, non lo è stato per me con i miei genitori e non lo è stato per me con i miei figli che pure sono biologici”, ha detto in conclusione.

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