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Reato di clandestinità: anche Torino chiama la Consulta

Un altro giudice solleva la questione di legittimità costituzionale. Lo aveva chiesto la Procura

Roma – 6 ottobre 2009 – Ormai basta dire "reato di clandestinità" e alla Corte Costituzionale fischiano le orecchie.

Come i colleghi di Pesaro e Trento, anche un giudice di pace di Torino ha chiesto l’intervento della Consulta in un processo a carico di un giovane egiziano senza permesso di soggiorno che lavorava come giardiniere. L’uomo aveva avuto una bambina da sua moglie, cittadina marocchina regolare, ma quando si era presentato in Questura per chiedere un permesso per motivi familiari era stato denunciato per “ingresso e soggiorno illegale”.

A chiedere la sospensione del processo e la trasmissione degli atti alla corte costituzionale era stata, a metà settembre, la procura di Torino. Il giudice  Alberto Polotti di Zumaglia ha ora sciolto la riserva, ritenendo fondate alcune di quelle osservazioni.

Nella richiesta firmata dal procuratore Giancarlo Caselli si sottolinea innanzitutto l’irragionevolezza del reato  di clandestinità. Per espellere un clandestino basta infatti le vecchie norme, e una multa dai 5 ai 10 mila euro (che tra l’altro pochi potrebbero pagare) non spaventerà certo chi, per arrivare in Italia, magari ha rischiato la vita in un viaggio della speranza.

La Procura denuncia poi la disparità di trattamento rispetto a chi non obbedisce al foglio di via del Questore, che ha comunque un termine di tempo per allontanarsi e un “giustificato motivo” per non farlo. Inoltre il nuovo reato sarebbe discriminatorio, perché colpisce una condizione personale e sociale, e in contrasto con l’articolo 2 della Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e obbliga alla solidarietà.

Ecco la richiesta della procura di Torino (fonte: Asgi)

Elvio Pasca

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