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Richiedenti asilo e rifugiati, 7 mila accolti dagli Enti locali

Il rapporto della rete Sprar: “Nel 2010 in lista di attesa 2500 persone”. Per i 20mila arrivati con l’emergenza Nord Africa attivato un piano di accoglienza regionale: “C’è il rischio che questi sistemi non comunichino tra loro”

 

Roma – 6 dicembre 2011 – L’emergenza Nord Africa’ ha fatto  lievitare il numero di domande di asilo da parte di immigrati in fuga  soprattutto da Tunisia e Libia. Nel primo semestre del 2011 sono state 10.860 le richieste presentate in Italia, con un incremento del 102%  rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

E’ quanto emerge  dal Rapporto 2010-2011 dello Sprar, il Sistema di protezione per i  richiedenti asilo e rifugiati, curato da Cittalia Fondazione Anci  Ricerche, presentato ieri a Roma. Il Rapporto ha fotografato le attivita’ di accoglienza  realizzate dagli enti locali in collaborazione con il terzo settore.

La rete è composta da 151 progetti  territoriali, che fanno capo a 128 enti locali, per una capacita’ di  accoglienza che e’ rimasta invariata rispetto al biennio precedente,  poco più  3.000 posti: cio’ ha comportato la chiusura delle attivita’  2010 con una lista di attesa di almeno 2500 persone.

Nel 2010 il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) ha accolto 6.855 richiedenti e  titolari di protezione internazionale, potendo contare su 3.146 posti  di accoglienza, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Il primato  spetta al Lazio (dove la  realta’ di Roma indubbiamente crea la differenza) con quasi un quarto  delle accoglienze totali, seguono Lombardia, Sicilia, Puglia ed Emilia Romagna.

Il divario tra queste regioni rispetto ad altre (quali  Trentino-Alto Adige, Abruzzo, Sardegna e Molise) sembra essere  decisamente netto. Tuttavia – fatte le dovute proporzioni tra numero  dei progetti e dei posti messi a disposizione della rete dello Sprar e il valore assoluto delle accoglienze – risultano comunque molto alti  anche la capacita’ e il potenziale di accoglienza di regioni che  ospitano un solo progetto del Sistema di Protezione.

Il ‘beneficiario tipo’ del Sistema di  Protezione risulta essere un giovane uomo singolo, di eta’ compresa  tra i 18 e i 40 anni. A questo proposito si rileva una diminuzione  degli accolti nella fascia di eta’ 18-25 anni, che nel 2010 sono scesi al 37%. Sono state 581 le famiglie accolte, di cui 291 nuclei  monoparentali (50%), con un sensibile aumento rispetto al 2009 (si  attestavano al 39%). Per la maggior parte i nuclei familiari  (monoparentali e non) provengono dai Paesi del Corno d’Africa, da  Nigeria e Afghanistan.

Tre sistemi di accoglienza che non comunicano
L’aumento cospicuo di sbarchi e di domande di protezione ”hanno avuto significative ricadute sull’apparato dell’accoglienza per rifugiati e  richiedenti asilo, determinando – si legge nello studio – una  diversificazione degli interventi e una stratificazione dei sistemi di accoglienza”, dovuta anche al decreto della Presidenza del Consiglio  (del 12 febbraio) che ha dichiarato ‘lo stato di emergenza nel  territorio nazionale in relazione all’eccezionale afflusso di  cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa’.

Al Sistema per richiedenti asilo e rifugiati, ai  Cara e alle altre strutture governative attivate in via straordinaria e’ andata ad aggiungersi una rete  d’accoglienza regionale attivata con le risorse della Protezione  civile. ovvero il cosiddetto ‘Piano per l’accoglienza dei migranti’,  per fronteggiare l’emergenza Nord Africa,  che assiste ad oggi,  nelle varie strutture individuate dalle Regioni, 22.216 migranti.

Operativamente il Piano si sviluppa secondo il principio della ripartizione su base regionale, proporzionalmente  alla popolazione delle regioni. Le misure di accoglienza prevedono,  inizialmente, l’erogazione di servizi di base quali vitto, alloggio e  assistenza sanitaria, e sono coordinate nelle diverse regioni dai  cosiddetti ‘soggetti attuatori’ attraverso la stipula di convenzioni  con enti locali o del terzo settore presenti sui territori.

Nel concreto, con queste disposizioni, si sta delineando un  terzo sistema di accoglienza in cui i beneficiari usufruiscono di  tipologie e livelli di servizi molto diversificati. E’ alto il rischio – avvertono gli autori – che questi tre sistemi viaggino  parallelamente, senza comunicare tra loro, il che potrebbe creare  notevoli disservizi e disfunzioni, specie nel caso di trasferimenti  non coordinati da una struttura all’altra con consequenziale  interruzione dei percorsi di accoglienza attivati, di nuclei familiari separati all’arrivo in Italia, di situazioni vulnerabili emergenti a  fatica in contesti caratterizzati da strutture con un’ampia  ricettivita’, di interventi realizzati in base a standard di  accoglienza eterogenei e disarmonici.

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