ROMA – "Scuciamo dalle tasche degli immigrati una quantità di soldi inammissibile".
"Settanta euro per rinnovare il permesso di soggiorno, un vero salasso per gli extracomunitari che sono davvero disperati e che contestano questo assalto alle loro tasche già vuote e ai loro bilanci impossibili per la precarietà spesso del lavoro". E’ quanto ha dichiarato il ministro dell’Interno Amato in un’intervista ieri sera al Tg1.
"Io mi sono trovato a gestire una convenzione già firmata tra ministero dell’Interno e Poste Italiane – ha aggiunto Amato – che definisce l’ impegno delle Poste per trattare queste domande. Le Poste hanno fatto anche investimenti per questo ma alla fine chi paga è l’extracomunitario". Settanta euro per rinnovare il permesso di soggiorno "sono troppi – dice ancora Amato – chi ha una famiglia di 4 persone e deve rinnovare i permessi spende 280 euro, spesso mezzo stipendio quando lo stipendio c’é, davvero troppo".
Amato è quindi convinto che sia necessario rivedere la procedura per il rinnovo dei permessi di soggiorno degli immigrati e aggiunge di averne parlato con il presidente Prodi, dal quale ha avuto indicazioni per rivedere il meccanismo.
"Voglio che questa procedura venga rivista – ha ribadito Amato – bisogna trovare il modo di farlo rapidamente". "Con le circolari – spiega il responsabile del Viminale – posso porre rimedio ai ritardi: ho firmato una circolare che consente, anche col cedolino delle poste, di essere in regola anche se il rinnovo non è arrivato. Questo tranquillizza anche quando gli extracomunitari devono spostarsi", ma resta il problema del costo troppo alto del rinnovo.
"Anche i figli, quando hanno finito gli studi, medie o superiori – aggiunge il ministro – devono avere immediatamente un lavoro altrimenti rischiano il ritorno nel paese d’origine. Qui va cambiata la legge, la Bossi Fini che ha ecceduto nell’ancorare alla esistenza immediata del lavoro la presenza nel nostro paese dei figli. Uno dei nostri figli ha il tempo di cercare il lavoro, uno che è venuto qua, che viene da un altro paese, non ha lo stesso tempo. E questo non è giusto e infatti il nostro disegno di legge lo cambia".
(9 luglio 2007)
s.c.