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Salute, talassemia in crescita con gli immigrati

Aumentati del 40% i casi nel Nord Italia. "Serve prevenzione anche tra gli stranieri"

Roma – 1 ottobre 2010 –  Negli ultimi dieci anni in  Italia è cresciuto enormemente il numero dei talassemici, arrivando a quota 7 mila pazienti. 

 
La talassemia è una malattia degenerativa ereditaria che comporta anemia, cioè un difetto di trasporto dell’ossigeno nel sangue. È molto diffusa nelle zone mediterranee come il Nord Africa, la Spagna meridionale, la Sicilia e la Sardegna dove c’è un tasso di talassemia è del 12 %.
 
Il trend è in continua crescita ed è trainato dagli immigrati. Gli stranieri con emoglobinopatie sono sempre più numerosi e rappresentano all’incirca il 4,8%. Arrivano dall’Africa (56%), dall’Europa dell’Est (25%), dal Sudest Asiatico (14%), da Centro e Sud America (5%). I dati evidenziano come l’aumento di pazienti del 40% registrato nelle regioni del Nord è dovuto quasi interamente a loro. 
 
Le aree del mondo più colpite, oltre al  Mediterraneo, sono il Sudest asiatico, il Nord Africa e i flussi migratori hanno come meta prevalentemente la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, la Liguria.Da qui il “paradosso del Nord”, come lo definiscono gli esperti: “se è vero che la maggior parte dei pazienti italiani è concentrata nel Sud, area storicamente a rischio, gli stranieri stanno contribuendo a pareggiare i conti.” 
 
L’Italia della talassemia è stata fotografata da un censimento condotto tra il 2008 e il 2010 nei 134 Centri italiani di cura della talassemia. I dati diffusi sono quelli di una "malattia emergente", spiegano gli specialisti che a Milano ieri hanno presentato il VI Congresso della Società italiana talassemie ed emoglobinopatie
 
La distribuzione dei malati extracomunitari di emoglobinopatie "e’ concentrata per il 74,8% nelle regioni del Nord Italia. Il resto è diviso fra il Centro (13,1%) e il Sud (8,3%)", rileva Lucia De Franceschi, professore di medicina interna della Facoltà di medicina dell’Università di Verona. 
 
Prosegue De Franceschi "frequentemente gli immigrati non conoscono i centri dedicati a queste patologie e finiscono con il presentarsi direttamente in ospedale solo quando stanno male, rischiando la vita con una crisi falcemica. Occorre costruire una cultura della prevenzione anche tra gli stranieri”.
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