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Sanatoria con la doppia espulsione. Ricorso contro il Viminale

A Brescia, Cgil , Asgi e Fondazione Piccini propongono un’azione civile antidiscriminazione.”Solo qui, 800 lavoratori condannati alla clandestinità”

Roma – 10 giugno 2011 – Migliaia di lavoratori stranieri vivono sospesi tra clandestinità e regolarità. Hanno partecipato alla sanatoria del 2009, ma le loro domande sono state bocciate o bloccate perché in passato sono stati espulsi, poi sorpresi ancora in Italia, quindi arrestati, condannati ed espulsi di nuovo.

 

Dopo una lunghissima querelle, un mese fa il consiglio di Stato, sulla scia di una sentenza della corte di Giustizia dell’ Ue, ha riconosciuto in questi casi il diritto alla regolarizzazione. Due settimane dopo, il ministero dell’Interno ha ordinato agli Sportelli Unici per l’immigrazione di adeguarsi, ma dopo appena due giorni ha fatto marcia indietro, sospendendo la regolarizzazione  con l’impegno di “fornire, a breve, ulteriori chiarimenti”.

I chiarimenti non sono ancora arrivati, e ora il Viminale dovrà dare spiegare anche davanti a un giudice quella mossa contorta. Cgil di Brescia, Fondazione Piccini e Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione hanno presentato oggi, insieme a tre lavoratori stranieri, un ricorso (per la precisione un’”azione civile contro la discriminazione”) presso il tribunale del lavoro contro il ministero dell’Interno e la prefettura di Brescia.

“A distanza di oltre due settimane dalla circolare di sospensione è ancora tutto fermo, e stiamo parlando di una vicenda iniziata con la sanatoria del settembre 2009. Il Governo che dice di contrastare la clandestinità tiene invece volutamente senza permesso decine di migliaia di persone che in Italia vivono e lavorano” spiega il segretario della Camera del Lavoro di Brescia Damiano Galletti.

Azione civile contro la discriminazione
“La situazione, dopo le pronunce della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato, è paradossale e ingiusta con il risultato che oltre 800 lavoratori nella sola Brescia (e molte migliaia in tutta Italia) che avrebbero diritto, in base alla legge, di lavorare regolarmente sono condannati ad una condizione di clandestinità a causa dell’inerzia del ministero” dicono i promotori del ricorso.

“Questa detenzione di fatto dello straniero all’interno delle prigione della clandestinità – si legge nel ricorso -, oltre a costituire una insopportabile ingiustizia, rileva anche sotto il profilo della discriminazione (in quanto preclude quella parità di trattamento che l’ordinamento invece garantisce al lavoratore regolarmente soggiornante) e deve, ad avviso dei ricorrenti, essere immediatamente rimossa dal Giudice”.

La parola passa al giudice. Il ricorso gli chiede di: “accertare, dichiarare e cessare il carattere discriminatorio” della condotta del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Brescia; ordinare a quest’ultima di revocare i provvedimenti di rigetto delle domande di emersione; ordinare la pubblicazione della sentenza su un quotidiano nazionale.

Si propone poi un risarcimento per i lavoratori stranieri, quattrocento euro al mese dalla data della sentenza della Corte di giustizia (28.04.2011) fino alla cessazione del comportamento discriminatorio. Soldi che pagherebbero i contribuenti, sempre che il ministero dell’interno non decida, prima, di fare un’altra, più saggia, marcia indietro.

Elvio Pasca

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