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Se la linea è: “Ce ne freghiamo”

La Lega a testa bassa continua ad avanzare proposte contro gli immigrati. A uso e consumo degli istinti più bassi dei suoi elettori

Roma – 13 novembre 2008 – La posizione  della Lega sull’immigrazione si esaurisce in poche lettere: “No all’immigrazione”. Ma per non annoiare gli elettori è meglio declinare poche lettere in centinaia di slogan.

Un giorno il leghista grida contro gli sbarchi, l’indomani annuncia che non ci saranno più sanatorie, poi fa la guerra ai ricongiungimenti e mostra le manette ai clandestini oppure propone classi speciali nelle scuole. E continua così, con coerenza e dedizione. Insegue gli istinti bassi del suo elettore, li nutre di propaganda.

Quale palcoscenico migliore della discussione in aula del disegno di legge sulla sicurezza? Dici sicurezza e la tua gente apre le orecchie, se poi aggiungi la parola immigrazione ti chiede solo una soluzione, qualunque soluzione, al problema insicurezza=immigrazione.

Nascono così gli emendamenti del Carroccio per rendere ancora più restrittivo il ddl 733, un testo già uscito dal pugno di ferro di Roberto Maroni. Il reato di clandestinità o i 18 mesi di trattenimento nei Centri  di identificazione sono pezzi da novanta, ma non bastano, spariamola più grossa: perché non denunciare i clandestini che arrivano negli ospedali?
 
I senatori leghisti lo avevano già proposto in Commissione. Poi  però qualcuno aveva fatto notare che, al di là di trascurabili considerazioni umanitarie o costituzionali, i clandestini malati non si sarebbero più curati, mettendo a rischio la salute di tutti. L’emendamento era allora stato ritirato strategicamente, ma ora torna  tale e quale in Aula.

Il messaggio è chiaro: “Ce ne freghiamo. La nostra gente vuole il pugno duro e noi non guardiamo in faccia a nessuno”. Sanno bene che l’emendamento non passerà, però avranno fatto la voce grossa e soprattutto potranno pretendere con più forza che non si cassino tutte le altre loro proposte.

Sul piatto mettono così l’emendamento che vuole sospendere i flussi d’ingresso, giustificandolo con la crisi economica e suggerendo quindi che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani. Dimenticano, anche in questo caso strategicamente, che il più delle volte i flussi non fanno arrivare gente da fuori, ma mettono in regola chi è già qui e un lavoro,anche se in nero, già ce l’ha.

Roberto Maroni certe considerazioni le ha sicuramente fatte. Chi meglio di lui può sapere cosa sono oggi i flussi d’ingresso, come è cresciuta la marea di clandestini e quanto sia realistico sperare di mandarli tutti a casa?

Il ministro dell’Interno ha ben chiare le conseguenze che avrebbe chiudere l’unico stretto canale di regolarizzazione ancora aperto in Italia. Evidentemente non parla da tempo con i suoi compagni di partito. O sposa con loro la linea del "Ce ne freghiamo".

Elvio Pasca

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