Il testo passa con le modifiche proposte dal governo. I giudici ordinari convalideranno gli accompagnamenti alla frontiera
Via libera del Senato, con le modifiche sulle quali il governo ha posto al fiducia, al disegno di legge di conversione del decreto sulle espulsioni dei cittadini comunitari licenziato alla fine di ottobre dall’esecutivo. Ora il testo passerà alla Camera.
Dopo il passaggio a palazzo Madama, l’espulsione di chi mette a rischio la sicurezza pubblica rimane affidata ai prefetti, che potranno avvalersi anche delle segnalazioni dei sindaci.
Normalmente, ci si limita a consegnare all’interessato un foglio di via con l’indicazione del termine entro cui deve lasciare l’Italia, almeno un mese (dieci gironi nei casi di comprovata urgenza), e la durata del divieto di reingresso, al massimo dieci anni (nel decreto erano tre). Un ricorso contro il provvedimento ne sospende l’esecuzione.
Più rapida ed efficace è l’espulsione per motivi imperativi di sicurezza pubblica, che sono stati meglio definiti dal maxiemendamento.
Si colpirà chi ha minacciato con il suo comportamento la dignità umana, i diritti fondamentali della persona o l’incolumità pubblica e per questo al sua permanenza in Italia non sarebbe compatibile con una civile e sicura convivenza. Si potrà poi tenere conto dei precedenti penali del cittadino comunitario, collezionati in Italia o all’estero, secondo una casistica indicata nel testo.
In questi casi, dopo la convalida da parte del giudice ordinario (nel decreto si parlava di giudice pace), la polizia accompagna immediatamente il comunitario alla frontiera e anche in caso di ricorso non sono previste sospensioni. Stessa sorte tocca a chi si trattiene in Italia nonostante il foglio di via, mentre chi torna prima che sia scaduto il divieto di reingresso rischia fino a tre anni di reclusione.
Può essere infine allontanato, con una procedura diversa, chi, in Italia da almeno tre mesi, non lavora e non ha altri mezzi per mantenersi: nessun divieto di reingresso, ma al foglio di via si accompagna l’obbligo a presentarsi a un consolato italiano (seconda la modifica passata ieri anche in un Paese diverso da quello d’origine). Chi viene sorpreso di nuovo qui senza un’attestazione del consolato è punito con l’arresto.
Il Senato ha infine approvato una norma che prevede fino a tre anni di reclusione per chi incita a commettere discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. Gli anni di reclusione salgono a quattro se la discriminazione diventa violenza o incitazione alla violenza.
Il decreto legge e il maxiemendamento approvati dal Senato
(7 dicembre 2007)
Elvio Pasca