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Senegalese aggredito a Milano: “Negro bastardo, devono bruciarvi vivi”

Mouhamadou Diop, trasportatore per la Sda, racconta in un esposto in Procura di essere stato picchiato nei magazzini dell’azienda di logistica. Pochi giorni prima era andato a Firenze a far visita alla famiglia di una delle vittime della strage di Firenze, in cui Gianluca Casseri uccise due venditori originari del Senegal.

 

Milano, 27 dicembre 2011 – “Sei un negro bastardo. A Firenze hanno fatto bene. Dovevano ammazzarli tutti quanti”.

Un senegalese è stato pestato e insultato da alcuni colleghi di lavoro. E’ accaduto a Buccinasco, periferia ovest di Milano, nei magazzini della Sda, dove la vittima dell’aggressione lavora come padroncino. Tra il senegalese, Mouhamadou Diop, e alcuni colleghi vi è stata prima un’aggressione verbale, poi uno scontro fisico, per il quale la vittima ha riportato diverse ferite.

L’aggressione è avvenuta il 16 dicembre scorso, quando Mouhamadou faceva ritorno da Firenze, dove aveva fatto visita alle famiglie dei due connazionale uccisi, tre giorni prima, da un estremista di destra, Gianluca Casseri.

In seguito all’aggressione verbale e fisica subìta dai colleghi, Mohamadou ha deciso di denunciare l’accaduto alle autorità.
I medici gli hanno prescitto un tranquillante per dieci giorni e quindici di prognosi. Passato lo choc per le percosse, Diop si fa coraggio e va a parlare della vicenda con il console del Senegal di stanza a Milano. Lui contatta l’avvocato Alfredo Zampogna che già l’anno prima aveva difeso un immigrato clandestino senegalese vittima di percosse.

Dopo aver vinto la causa contro gli aggressori, il legale era riuscito a fargli concedere un permesso di soggiorno per motivi umanitari su indicazione diretta del Presidente della Repubblica. “Abbiamo sporto denuncia presso la Procura di Milano per lesioni con l’aggravante dell’odio razziale  – spiega Zampogna a Il Fatto Quotidiano. E poi ho mandato una lettera a Sda chiedendo che quando Diop tornerà al lavoro dopo la malattia, possa rientrare in un luogo nel quale siano ripristinate le condizioni di civiltà. Perché non è tollerabile che in Italia avvengano episodi di questo tipo”.

Diop però non sa quello che potrà accadergli una volta che rientrerà al lavoro, anche perché allora la sua storia sarà già pubblica. Sa solo che deve continuare a lavorare, per pagare le rate del furgone che ha dovuto comprare per mantenere moglie e tre figli. “Chiedo solo di essere protetto e di non essere mai più vittima dell’odio razzista. Perché l’Italia è il mio paese ed è qui che i miei bambini stanno crescendo”.

 

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