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Sì definitivo al reato di caporalato

Introdotto dalla manovra economica, prevede fino a otto anni di galera e multe salatissime. Permessa chi denuncia? Il governo si impegna a trovare una soluzione

Roma – 15 settembre 2011 – Lotta dura al caporalato, con galera, multe salate e altre pene per chi recluta lavoratori da sfruttare, il più delle volte immigrati impiegati nei campi o sui cantieri edili.

Un articolo della manovra economica appena approvata definitivamente dal Parlamento (vedi sotto) introduce nel codice penale il reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.  Viene commesso da chi “svolga  un’attività organizzata  di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata  da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei  lavoratori”.

La legge indica anche alcune “spie” dello sfruttamento. Tra questi ci sono una retribuzione palesemente non in linea con il contratto collettivo o sproporzionata rispetto al lavoro svolto e la violazione sistematica delle norme su orari, riposto, ferie e maternità e di quelle su sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro oppure condizioni di lavoro, sorveglianza o alloggio particolarmente degradanti.

Per i caporali è prevista la reclusione da cinque a otto anni, una multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato e le pene aumentano quando  i lavoratori reclutati sono più di tre, quando hanno meno di sedici anni o quando sono esposti a gravi pericoli. Come pena accessoria, i condannati rischiano di non poter più ricoprire cariche direttive nelle imprese nè prendere finanziamenti, agevolazioni o appalti pubblici.

La nuova legge non interviene però su un nodo fondamentale. Dal momento che le vittime del caporalato sono spesso clandestini, è difficile, infatti che denuncino i caporali, perché rischiano di essere espulsi. Anche il permesso di soggiorno previsto dal Testo Unico sull’immigrazione per chi collabora alle indagini sullo sfruttamento è solo un permesso per motivi di giustizia, viene concesso raramente e comunque consente di rimanere in Italia solo per la durata del processo.

Un piccolo spiraglio si è aperto ieri pomeriggio durante la discussione della manovra alla Camera. Alcuni deputati del Popolo delle Libertà, capeggiati da Antonino Foti, hanno presentato un ordine del giorno in cui chiedono al governo di impegnarsi per “l’introduzione di provvedimenti normativi che possano agevolare  la permanenza regolare” dei lavoratori stranieri sfruttati che denunciano i loro caporali.

Il governo ha accolto l’ordine del giorno come raccomandazione. Bisognerà ora vedere se, quando e soprattutto come onorerà questo impegno.

Elvio Pasca

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Ecco l’articolo della manovra economica () dedicato al caporalato:
Art. 12

Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

1. Dopo l’articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti:
«Art.  603-bis  (Intermediazione  illecita   e   sfruttamento   del
lavoro). – Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato,  chiunque
svolga  un’attivita’  organizzata  di   intermediazione,   reclutando
manodopera o organizzandone l’attivita’ lavorativa caratterizzata  da
sfruttamento,   mediante   violenza,   minaccia,   o   intimidazione,
approfittando dello stato di bisogno o di necessita’ dei  lavoratori,
e’ punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la  multa  da
1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del primo comma,  costituisce  indice  di  sfruttamento  la
sussistenza di una o piu’ delle seguenti circostanze:
1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente
difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato
rispetto alla quantita’ e qualita’ del lavoro prestato;
2) la sistematica violazione della normativa relativa  all’orario
di lavoro, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria,  alle
ferie;
3) la sussistenza di violazioni della  normativa  in  materia  di
sicurezza  e  igiene  nei  luoghi  di  lavoro,  tale  da  esporre  il
lavoratore a pericolo per la salute,  la  sicurezza  o  l’incolumita’
personale;
4) la sottoposizione  del  lavoratore  a  condizioni  di  lavoro,
metodi di sorveglianza, o a situazioni  alloggiative  particolarmente
degradanti.
Costituiscono aggravante specifica  e  comportano  l’aumento  della
pena da un terzo alla meta’:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a
tre;
2) il fatto che uno o piu’ dei soggetti reclutati siano minori in
eta’ non lavorativa;
3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a
situazioni di grave pericolo,  avuto  riguardo  alle  caratteristiche
delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.

Art. 603-ter (Pene accessorie). – La condanna per i delitti di  cui
agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad
oggetto prestazioni lavorative,  e  603-bis,  importa  l’interdizione
dagli uffici direttivi delle  persone  giuridiche  o  delle  imprese,
nonche’ il divieto di concludere contratti  di  appalto,  di  cottimo
fiduciario, di fornitura di opere,  beni  o  servizi  riguardanti  la
pubblica amministrazione, e relativi subcontratti. La condanna per  i
delitti di cui al primo comma importa altresi’  l’esclusione  per  un
periodo di due anni  da  agevolazioni,  finanziamenti,  contributi  o
sussidi da parte dello  Stato  o  di  altri  enti  pubblici,  nonche’
dell’Unione europea, relativi al settore di attivita’ in cui ha avuto
luogo lo sfruttamento.  L’esclusione  di  cui  al  secondo  comma  e’
aumentata a cinque anni quando il fatto e’ commesso  da  soggetto  al
quale sia stata applicata la  recidiva  ai  sensi  dell’articolo  99,
secondo comma, numeri 1) e 3)».

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