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Strage di Lampedusa. I superstiti testimoniano, poi se ne vanno

Sei uomini e una donna eritrei hanno lasciato Lampedusa per l’incidente probatorio nel processo contro il presunto scafista. Ma quando li hanno portati in un altro centro di accoglienza siciliano, si sono allontanati facendo perdere le loro tracce. Comitato 3 Ottobre: “Si sono liberati da soli”

Roma – 17 gennaio 2014 – Hanno atteso per tre mesi e mezzo a Lampedusa, mente altri partivano loro dovevano rimanere a disposizione dell’autorità giudiziaria. Dopo aver testimoniato contro i loro aguzzini, hanno però rifiutato l’ "accoglienza" che l’Italia voleva offriva loro in un altro centro, sempre in Sicilia, per andare a cercare protezione altrove.

È la storia di sei uomini e una donna eritrei, superstiti del naufragio del 3 ottobre, che ha fatto annegare almeno 366 tra uomini, donne e bambini. Domenica scorsa hanno lasciato finalmente l’isola per Porto Empedocle e lunedì sono stati portati al Tribunale di Palermo per essere ascoltati nell’incidente probatorio del processo contro il presunto scafista. L’uomo, un giovane somalo, è accusato di estorsione, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento della immigrazione clandestina, tratta di persone e violenza sessuale multipla.

Accuse confermate dai sette superstiti, che hanno raccontato le violenze subite al confine tra Sudan e Libia, prima della partenza per l’Italia, e poi quella traversata finito con un incendio e il barcone che cala a fondo con il suo carico umano. Hanno raccontato le bastonate, le scosse elettriche, gli stupri di gruppo subiti dalle donne, il riscatto chiesto dai trafficanti di uomini ai loro familiari per far continuare loro il viaggio verso l’Europa.

I sette pensavano, dopo aver finito di testimoniare, di essere finalmente liberi. E invece sono stati portati a Pozzallo, un altro Centro di Accoglienza , più volte finito al centro delle cronache per il sovraffollamento e le condizioni disumane. Ci hanno passato una sola notte e la mattina dopo si sono allontanati, facendo perdere le loro tracce.

Dove andranno? Probabilmente in un altro Paese europeo dove chiederanno asilo. La stessa scelta fatta da Khalid, il giovane siriano, anche lui superstite della strage, che ha ripreso con il cellulare la doccia anti-scabbia subita dagli ospiti del Centro di Lampedusa. Lui da Lampedusa se n’è andato da solo, pochi giorni dopo Natale, e oggi è in Olanda, dove ha chiesto protezione. Tornerà in Italia solo per testimoniare nel processo di Palermo.

“Qualcuno la chiamerà fuga, ma il termine non è adatto” ha commentato il Comitato 3 Ottobre in una lettera pubblicata da Articolo 21.

“Quello che hanno fatto i sette superstiti del naufragio del 3 ottobre è stato semplicemente riprendersi la propria vita. Riappropriarsi del proprio destino fermato per venti giorni al confine tra Sudan e Libia da un incubo fatto di violenze di ogni genere, stupri e uccisioni indiscriminate; poi dal più terribile dei naufragi del mediterraneo, a poche decine di metri dalle coste italiane di Lampedusa; poi, ancora, dal trattenimento per 101 giorni nel centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa, che nessun provvedimento giudiziario ha mai motivato nè legittimato. Alla fine si sono liberati da soli”.
 

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