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Svolta storica per i diritti dei migranti: la corte Ue chiarisce il ruolo del genitore

Roma, 4 giugno 2025 – È una sentenza che apre una nuova prospettiva sul rapporto tra diritto e umanità nel contesto delle migrazioni. La Corte di Giustizia Ue ha emesso una pronuncia destinata a fare scuola sul caso C-460/23 Kinsa, riguardante una cittadina congolese entrata in Italia con passaporti falsi e accompagnata da due minori, in fuga dalle minacce dell’ex compagno. A sollevare il quesito pregiudiziale è stata la giudice Valeria Bolici di Bologna, che ha chiesto ai colleghi europei di chiarire se in tali casi si configuri il reato di favoreggiamento dell’immigrazione illegale, previsto dalla direttiva europea.

La risposta dei giudici di Lussemburgo – illustrata in un video esplicativo dal presidente Koen Lenaerts – è chiara: no, non è favoreggiamento. Il genitore, in queste circostanze, esercita “un obbligo legato alla sua responsabilità personale nei confronti del bambino”, in conformità ai diritti fondamentali e, in particolare, al rispetto della vita familiare e del minore. Una lettura che sostiene le argomentazioni della giudice Bolici, la quale aveva evidenziato come la direttiva non contemplasse l’assistenza umanitaria come causa di esclusione della punibilità.

Ma la portata della sentenza non si ferma qui. Secondo Lenaerts, questa interpretazione si estende anche al diritto d’asilo: un richiedente asilo, infatti, non può essere considerato in posizione irregolare finché non è stata presa una decisione sulla sua domanda in prima istanza e non può subire sanzioni penali né per l’ingresso irregolare né per la presenza di un minore affidato alla sua tutela.

“Si tratta di una vittoria importante per i diritti dei migranti”, sottolinea Francesca Cancellaro, l’avvocata che ha difeso la cittadina congolese. La pronuncia, aggiunge, rappresenta “un grimaldello per mettere in discussione tutti quei contesti in cui i diritti fondamentali devono prevalere”.

Il contesto europeo resta comunque complesso. La Commissione Europea, su pressione degli Stati membri, ha recentemente presentato misure – dalle norme sui rimpatri ai Paesi terzi sicuri – volte a rafforzare i controlli sull’immigrazione. Ma, come dimostra la vicenda C-460/23 Kinsa, quando la parola passa ai giudici, i nodi vengono al pettine e la tensione tra potere legislativo e giudiziario emerge con chiarezza.

La sentenza Kinsa, dunque, costituisce un primo passo verso la ridefinizione dell’impianto europeo e italiano in materia di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, riportando al centro del dibattito il rispetto dei diritti umani fondamentali.

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