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Tassa sul permesso. Il governo presenta ricorso per far pagare gli immigrati

Chiede al Consiglio di Stato di annullare la sentenza del Tar e intanto di sospenderne subito l’efficacia. “Rilevantissimi effetti negativi per la finanza pubblica”

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Nuovo stop alla tassa sul permesso di soggiorno, respinto il ricorso del governo

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Roma – 6 settembre 2016 – Il governo non molla. Vuole incassare ancora la tassa sui permessi di soggiorno, senza restituire neanche un euro agli immigrati. 

L’avvocatura dello Stato, per conto di Presidenza del Consiglio e ministeri dell’Interno e dell’Economia, ha presentato ieri ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar che a fine maggio ha cancellato il contributo da 80, 100 o 200 euro. Al ricorso è allegata la richiesta di sospendere immediatamente in via cautelare gli effetti di quella sentenza, in attesa della decisione finale,  e quindi di costringere subito gli immigrati a pagare di nuovo le somme aggiuntive per il rilascio o il rinnovo dei loro permessi.

Secondo il governo, innanzitutto Cgil e Inca (che hanno vinto in primo grado) non erano legittimati a rivolgersi al Tar per far annullare quel contributo, potevano farlo solo i singoli cittadini stranieri. Inoltre, il Tar avrebbe sbagliato a eliminare il contributo su tutti i permessi, doveva limitarsi alla carta di soggiorno (permesso Ce per lungosoggiornanti), perché solo a questa si applicherebbe la decisione della Corte di Giustizia Europea che un anno fa, per prima, ha giudicato il contributo “sproporzionato” e d’ostacolo all’integrazione. 

Grande risalto viene dato all’”estrema gravità delle ripercussioni sul piano operativo e finanziario che conseguono alla pronuncia del Tar”. Tra queste viene curiosamente citata la necessità modificare il sistema informatico delle Questure per accettare le domande senza contributo, anche se in realtà è dallo scorso luglio che il ministero dell’Interno sostiene di aver adeguato il sistema “Stranieri web” tanto da poter non solo già accettare le domande, ma anche rilasciare i permessi. 

Soprattutto, però, l’Avvocatura insiste sui soldi che lo Stato perderà con l’annullamento del contributo e con i risarcimenti dovuti agli immigrati, che fino a oggi, secondo le stime del ministero dell’Economia, avrebbero versato oltre  quattrocento milioni di euro (ingiustamente, ha detto il Tar). Il Dipartimento di Pubblica sicurezza, ad esempio, perderà circa 50 milioni l’anno, necessari, scrive l’Avvocatura, “ad assicurare un più efficace contrasto al crimine, oltre che il superamento delle emergenze connesse al fenomeno dell’immigrazione e alla minaccia terroristica”. 

Nel ricorso si parla di “rilevantissimi effetti negativi per la finanza pubblica”. Si prevede inoltre che senza la tassa sui permessi verrà  “pregiudicato in modo irreversibile il regolare espletamento delle funzioni e dei compiti in materia di immigrazione”, che finora era in gran parte assicurato dai soldi versati dagli immigrati. 

La parola passa al Consiglio di Stato, che dovrà esprimersi con urgenza sulla richiesta cautelare. Intanto, però, conviene ricordarlo, la sentenza del Tar va pienamente applicata e quindi la tassa sui permessi di soggiorno non si paga. Chi chiede rilasci e rinnovi deve versare solo (si fa per dire) 30,46 euro per la stampa del permesso, 16 euro di marca da bollo e 30 euro a Poste Italiane. Totale 76,46 euro, almeno per ora. 

Elvio Pasca

 

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