"Sbagliato fare della clandestinità un reato. Nelle facce degli extracomunitari si leggono la disperazione e le illusioni dei nostri nonni"
Roma – 6 agosto 2009 – Riflettere sulla tragedia di Marcinelle per trarne una grande lezione sull’emigrazione. E non ripetere in Italia gli errori commessi nei confronti dei nostri connazionali all’estero nel secolo scorso. Ricordando sempre che le facce degli extracomunitari di oggi sono le stesse che avevano i nostri nonni e bisnonni nel mondo, con le stesse illusioni, la stessa disperazione. L’ex ministro per gli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia in un intervento su ‘Il Secolo d’Italia’ rimarca la coincidenza tra l’anniversario dell’incidente minerario in Belgio (in cui persero la vita, tra gli altri, 136 italiani) e l’entrata in vigore delle nuove norme volute dal ministro dell’Interno Roberto Maroni.
”Il ricordo di quella tragedia – auspica Tremaglia – speriamo imponga una riflessione anche a chi, a mio avviso sbagliando, si prepara a inquadrare l’immigrazione clandestina come un reato”. Tremaglia ricorda che quest’anno, l’8 agosto, Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, il discorso in memoria delle vittime di Marcinelle sarà tenuto dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, ”straordinario interprete dei valori di chi lavora e soffre lontano dalla patria”. ”Non posso che augurarmi che la giornata dell’8 agosto sia solennemente celebrata”, scrive Tremaglia.
Soprattutto, insiste l’ex ministro degli Italiani nel mondo, ”in alcune aree del Nord dove oggi ci si confronta con il problema inverso, quello dell’integrazione di vaste realtà di lavoratori stranieri, ricordare l’epoca non troppo lontana in cui si partiva a migliaia verso mete dai nomi esotici e sconosciuti inseguendo la speranza di una vita migliore può aiutarci a riconoscere in tanti volti dei cosiddetti extracomunitari le aspettative, le illusioni, talvolta la disperazione che animarono i nostri nonni e i nostri bisnonni”.
”Gli emigrati italiani hanno vinto nel mondo contro le discriminazioni ottuse, gli stereotipi che li volevano tutti mafiosi o delinquenti, le vere e proprie persecuzioni di cui sono stati oggetto. Con questa storia alle spalle, dare una chance a chi oggi è in Italia da ‘straniero’ è qualcosa di più – avverte Tremaglia – di un adempimento burocratico: è un dovere morale che tutti dovrebbero sentire”.