Una ragazza ghanese è stata arrestata dalla polizia su segnalazione dei sanitari dell’ospedale pubblico. Ma la legge lo vieta
Roma – 12 settembre 2008 – Arriva in ospedale per chiedere un’interruzione di gravidanza e al termine dell’intervento viene fermata dalle forze dell’ordine e invitata a lasciare il territorio italiano con un decreto di espulsione perché clandestina. È accaduto a una ragazza ghanese di vent’anni in un ospedale pubblico di Treviso. Il provvedimento è stato convalidato dalla magistratura, che ha emesso nei confronti della giovane, attualmente ospite di una casa famiglia, un ordine di allontanamento dal territorio italiano.
"Siamo stati chiamati dai sanitari della struttura ospedaliera – spiega l’accaduto Luca Migliorini, Capo di gabinetto della Questura trevigiana – che ci hanno chiesto di intervenire per poter identificare la paziente priva di documenti. A questo punto gli agenti hanno proceduto alle verifiche, hanno constatato che la ragazza era priva di permesso di soggiorno e, in mancanza di posti liberi presso il centro di accoglienza, è stato rilasciato il decreto di espulsione".
Ma c’è qualcosa che non quadra perché la tutela della salute e dell’anonimato del paziente (anche se clandestino) è prevista dalla legge (dall’articolo 35 del Testo unico sull’immigrazione, mantenuto dalla Turco-Napoletano e non modificato dalla Bossi – Fini).
"La normativa vigente – spiega Aldo Morrone, medico direttore dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti – contempla l’assoluto divieto di segnalare l’immigrato irregolare alle forze dell’ordine, a meno che non ci sia presenza di reato. Per l’identificazione basta autocertificare le proprie generalità e non bisogna avere fissa dimora. Dunque, spero che ci sia una spiegazione alla vicenda, perché se l’accaduto è avvenuto in questi termini, sarebbe molto grave. Il medico ha l’unico compito di salvaguardare la salute dell’individuo".
L’episodio accade casualmente in concomitanza con la pubblicazione su questo sito – avvenuta ieri – di un articolo che mira a informare l’immigrato irregolare sui suoi diritti in ambito sanitario. Un nostro lettore lo ha commentato riferendosi al caso di Treviso: "Ragazzi, qui siamo in Italia, non vi fidate troppo della legge! C’è una grande differenza tra la teoria e la pratica. Qui l’immigrato è diventato un soggetto pericoloso per definizione. Se dovete andare al pronto soccorso, lo dovete fare pensando al rischio di espulsione!".
La gravità dell’accaduto risiede proprio in reazioni e deduzioni come questa e nel conseguente allontanamento del clandestino dal servizio sanitario nazionale. "Se pensano di rischiare l’espulsione – spiega Aldo Morrone – le persone, impaurite, non si rivolgono al pronto soccorso, mettendo in pericolo la propria salute e quella degli altri. Accade così che alcune malattie possono aggravarsi, possono essere trasmesse o si possa addirittura morire per non aver ricorso alle cure del medico. È il caso di tanti operai che lavorano clandestinamente nei cantieri. Quanto all’interruzione di gravidanza, molto spesso a richiederla sono donne violentate".
"Far conoscere la normativa è fondamentale – ribadisce Morrone –, è nell’interesse della salute pubblica. E ancor più grave sarebbe se questa non venisse rispettata da qualche medico".
Sul caso di Treviso, nei prossimi giorni, la senatrice Donatella Poretti presenterà un’interrogazione parlamentare.
Antonia Ilinova