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Un italiano su due nei negozi degli immigrati

Quelli di vestiti, i ristoranti e i bar sono i più frequentati. Più fiducia nelle gastronomie e kebab. “Prezzi vantaggiosi”, ma molti criticano: “Fanno concorrenza sleale. Indagine della Fondazione Moressa

 

Roma – 23 agosto 2011 – Il 50,8% degli italiani è entrato almeno una volta in esercizi commerciali gestiti da stranieri; si reca più spesso chi abita al Nord, chi è giovane e chi è maschio, soprattutto per curiosità.

I negozi di vestiti/bigiotteria, i ristoranti e i bar sono le attività più frequentate dagli italiani, anche se i comparti che destano più fiducia sono le gastronomie e i kebab. Pochissimi gli italiani che si recano negli internet point, nei centri di estetica e nei negozi di parrucchiera.

Nonostante l’alta diffusione dei negozi gestiti da stranieri (43,9%), essi rappresentano per la città uno svantaggio (40,7%), soprattutto perché entrano in concorrenza sleale con i negozi “tradizionali”.
Questi alcuni risultati di un’indagine condotta su un campione di 600 italiani nel mese di luglio e realizzata dalla FONDAZIONE LEONE MORESSA, che ha inoltre calcolato come in Italia su 100 imprenditori impiegati nel commercio e nei servizi, poco più di 9 sono stranieri, pari a 233mila soggetti. Le attività gestite da stranieri in questi settori si fanno più presenti nelle grandi città come Roma, Milano e Torino e si registra nell’ultimo anno una crescita a livello nazionale del +6,6%.

Frequentazione. I negozi gestiti da stranieri sono frequentati dal 50,8% degli italiani intervistati. Di questi il 15,9% dice di andarci spesso, mentre il 34,9% raramente. Al Nord si registra un maggior interesse della popolazione verso le attività commerciali degli stranieri (il 54,8% dice di esserci entrato almeno una volta), mentre si attenua al Sud dove si tratta appena del 45,5% degli intervistati. A frequentare gli esercizi stranieri sono principalmente i giovani: il 27,6% di essi dice di andarci spesso e il 32,9% qualche volta. Sono invece gli over 55 che non sono soliti entrare nei negozi stranieri: il 61,7% di essi infatti non li ha mai frequentati e quando succede lo fanno solo raramente.

Tra le motivazioni che spingono a frequentare negozi gestiti da stranieri, la curiosità rappresenta la maggiore spiegazione (41,5%). Il 24,3% degli intervistati dice di trovarli più convenienti, il 14,8% più comodi per la vicinanza a casa, l’11,1% trova più varietà di prodotti e infine l’8,2% perché hanno gli orari più flessibili.

Gli italiani entrano più frequentemente nei negozi di vestiti/bigiotteria/oggettistica, nei ristoranti e nei bar: rispettivamente il 64,2%, il 62,4% e il 61,2% degli intervistati ha detto di esserci andato almeno una volta. Seguono i venditori ambulanti, le gastronomie / rosticcerie / kebab che sono stati frequentati almeno una volta dal 53,5% e dal 45,4% dei rispondenti. I meno frequentati sono invece i parrucchieri (4,2%), i centri di estetica (6,8%) e gli internet point (7,3%).

Soddisfazione/fiducia. Gli italiani esprimono un livello di gradimento non del tutto soddisfacente rispetto ai servizi offerti e della qualità dei prodotti venduti dagli stranieri. In particolare l’attività di parrucchieri è tra tutti il servizio meno apprezzato, seguito dai negozi di alimentari e dai venditori ambulanti. Pur essendo poco frequentati, i negozi di telefonia e internet point sembrano ispirare più fiducia, così come i negozi di vestiti e i bar. Positiva è invece l’opinione in merito ai servizi offerti nei centri estetici diretti da stranieri (per quei pochi che li frequentano), i ristoranti e infine le gastronomie, rosticcerie e kebab.

Secondo la percezione degli intervistati, le città mostrano delle elevate concentrazioni di negozi gestiti da stranieri (43,9%) che nella maggior parte dei casi sembrano essere diffusi in tutto il territorio comunale (64,9%) e non localizzati esclusivamente in un’unica via o quartiere (appena il 14,6%). Ma la presenza di attività commerciali gestite da stranieri rappresenterebbe uno svantaggio (40,7%) più che un vantaggio (17,4%).

Uno svantaggio perché, nel 53,6% dei casi, si ritiene facciano concorrenza sleale ai “tradizionali” esercizi commerciali (offrendo a prezzi ridotti prodotti e servizi di bassa qualità) e perché si rischia di compromettere la sicurezza cittadina (25,1%) e aumentare il degrado urbano (16,3%). Ma tra coloro che pensano che la loro presenza sia un vantaggio, la motivazione è determinata dal fatto che offrono prodotti e servizi a costi più vantaggiosi (52,8%); va aggiunto poi l’arricchimento culturale (24,3%) e la creazione di una competizione tra attività commerciali (23,0%).

“La sempre maggiore presenza di attività commerciali gestite da stranieri” affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa “ha iniziato a far parte integrante dell’intero tessuto economico e sociale dell’Italia. Nonostante esse rappresentino per gli italiani ancora uno svantaggio, la loro frequentazione sarà in continuo aumento. Ma perché la concorrenza tra esercizi gestiti da italiani e stranieri sia realmente leale, servono dei seri controlli che garantiscano il corretto perseguimento delle regole del mercato del lavoro e della qualità dei prodotti e dei servizi offerti.

“L’interconnessione tra le diverse realtà e la curiosità verso nuove culture – spiegano ancora i ricercatori – sarà uno dei tasselli in grado di concorrere ad un’integrazione che passa anche attraverso le attività commerciali gestite da stranieri e presenti nelle nostre città.”

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