La Corte suprema annulla alcuni passaggi del giro di vite contro clandestini, ma rimane la parte più controversa, che permette alla polizia di fermare qualunque “sospetto” sdoganando, di fatto, il racial profiling. Vittoria monca per Obama
Roma – 26 giugno 2012 – Vittoria a metà dell’amministrazione Obama contro la legge sull’immigrazione dell’Arizona, un “giro di vite” preso a modello anche dall’Alabama, dallo Utah, dalla Georgia, dall’Indiana, e dalla South Carolina. Ieri la Corte Suprema ne ha infatti bocciato ieri più di un passaggio, lasciando però intatto quello più discusso: la possibilità, che la polizia locale fermi e controlli qualunque “sospetto” clandestino.
La sentenza stabilisce che non commette reato il clandestino che cerca lavoro oppure chi non ha con se i documenti quando viene controllato dalla polizia. Inoltre la polizia non può arrestare un immigrato solo per il minimo sospetto che abbia fatto qualcosa punibile con l’espulsione. La Corte ha riscontrato infatti in questi casi un’ ”indebita intrusione delle prerogative e della sovranità federali”.
I giudici danno ragione alla casa Bianca sulla necessità che l’immigrazione venga governata a livello federale. ”Il governo – hanno spiegato dopo la sentenza – mantiene un’ampia e indubbia competenza sulla materia dell’immigrazione e sulle decisioni che riguardano lo status degli immigrati”. E per il presidente Obama la sentenza indica in modo ”chiaro ed inequivocabile” che il Congresso deve varare una “riforma complessiva sull’immigrazione”, perché “avere tante leggi statali non e’ una soluzione, ma parte del problema”.
Lo stesso presidente sa però che quella di ieri è una vittoria monca. La polizia potrà ancora fermare qualcuno solo perché magari i suoi tratti somatici sembrano “messicani” e quindi è possibile che sia clandestino, di fatto viene quindi sdoganato il “racial profiling”. ”Nessun americano – ha commentato Obama – dovrebbe mai vivere sotto una nuvola di sospetto solo per il colore della propria pelle o per come si chiama”.