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Usa. Il New York Times: “Dobbiamo attrarre più lavoratori qualificati”

“Migliorare il sistema dei visti e delle green cards. Una politica razionale dell’immigrazione deve aiutare chi lavora duro a rimanere qui e a dare il suo contributo a questo Paese"

Roma – 9 aprile 2013 – “Il dibattito sulla riforma dell’immigrazione si è focalizzato su come creare un percorso verso la cittadinanza per 11 milioni di immigrati irregolari. Ma una vasta riforma dovrebbe anche migliorare il sistema dei visti per lavoro e delle green cards, in modo da attrarre e far rimanere negli Usa lavoratori altamente qualificati, ad esempio nei settori delle tecnologie, della salute e dell’istruzione”.

È quanto si legge in un editoriale pubblicato ieri dal New York Times che denuncia come questi professionisti e le loro famiglie rimangono per anni in un “purgatorio dell’immigrazione”. Prima di ottenere un permesso permanente o la cittadinanza, sono infatti spesso costretti a restare con lo stesso datore di lavoro, magari sottopagati, pur di non perdere la possibilità di vivere negli Usa.

Il quotidiano Americano cita le proposte già messe in campo, come un innalzamento delle quote di ingresso per lavoratori qualificati, greens cards per i diplomati in materie tecnologiche o i visti per gli imprenditori stranieri che vogliono avviare attività negli Usa. “Possibili cambiamenti che dovrebbero fare parte della riforma” commenta.

I tetti agli ingressi per lavoro, aggiunge il New York Times, dovrebbero però anche essere più flessibili, il Congresso, consultandosi con le imprese, dovrebbe alzarli o abbassarli in base alla contingenza economica. I lavoratori dovrebbero poter cambiare datore dopo un periodo di prova di un anno senza perdere l’”anzianità” in vista di un permesso permanente, anche per evitare fenomeni di sfruttamento, e i loro familiari dovrebbero avere il permesso di lavorare.

Nell’editoriale si critica anche il tetto del 7% per Paese d’origine nell’assegnazione delle green card sponsorizzate dalle imprese. Quel limite, introdotto nel 1965 per rimpiazzare le quote razziali nell’accesso al mercato del lavoro, “ha creato un collo di bottiglia per i lavoratori di Paesi popolodi come India, Cina e Messico”.

“Non tutti i lavoratori stranieri che arrivano vogliono stabilirsi qui e qualcuno ripartirà dopo un’esperienza di qualche anno. Ma una politica razionale dell’immigrazione – conclude il New York Times – dovrebbe rendere più facile per i migranti qualificati e che lavorano duro rimanere qui e dare il loro contributo a questo Paese”.

 

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