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Venerdì santo. Nelle Filippine flagellanti e crocifissioni

Le autorità di Manila: "Usate chiodi sterili". Perez: "In Italia niente di simile, la comunità si chiude in preghiera" Roma – 21 marzo 2008 – Oggi nelle Filippine decine di uomini e donne si percuoteranno a sangue e in alcuni casi arriveranno a farsi inchiodare a delle croci di legno. Un rito penitenziale del Venerdì santo, per chiedere una grazia o ringraziare Dio per un voto esaudito.

In realtà furono i missionari spagnoli a introdurre nell’arcipelago la pratica dei flagellanti, tra l’altro diffusa anche in alcuni paesi italiani, ma i filippini, convertiti, la portarono agli estremi, fino a vivere la passione di Cristo nella maniera più realistica possibile, infliggendosi ferite profonde e organizzando vere crocifissioni. Condannati anche dalla Chiesa cattolica, questi riti vengono comunque tollerati dal governo.

Le autorità filippine invitano però i penitenti a limitare i danni.

Secondo il quotidiano Manila Times, il dipartimento della Sanità ha raccomandato ai penitenti con diversi avvisi una vaccinazione antitetanica, l’utilizzo di chiodi sterilizzati per le crocifissioni e fruste pulite per le flagellazioni, per evitare che, complici il caldo e la polvere, le ferite si infettino. Per evitare danni permanenti dovrebbero poi essere sufficienti altri piccoli accorgimenti già utilizzati durante i riti: i crocifissi non pesano solo sulle mani trafitte, ma sono saldamente assicurati alle croci con corde e poggiapiedi, inoltre, chi infila i chiodi, sta attento a non intaccare le ossa.

"È un pratica legata alle tradizioni popolari più che alla religione, un modo estremo per fare penitenza. Fortunatamente queste crocifissioni sono sempre meno diffuse, e comunque si fanno solo nei villaggi di una piccola regione chiamata Laguna" spiega Irma Tobiaz Perez, ex consigliere aggiunto a Roma e presidentessa dell’associazione dei lavoratori filippini Kampi.

Nessuno ha mai pensato di importare questo rito anche in Italia? "Macchè, impossibile, sono qui da 26 anni e per fortuna non ho mai sentito una proposta del genere" assicura Perez. "La nostra comunità si sta preparando alla Pasqua nelle parrocchie, in maniera meno cruenta e molto più intima, ritrovandosi e pregando insieme agli italiani".

EP

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