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Flussi. Il Friuli chiude: “Vogliamo solo trecento lavoratori“

La Regione chiede al governo pochissimi ingressi. “Prima i disoccupati”, ma dimentica i clandestini

Roma – 25 gennaio 2011 – Trecento lavoratori stranieri, cento dei quali stagionali.

Tutto qui il fabbisogno di ingressi dall’estero stimato dalla Regione Friuli Venezia Giulia per il 2011. Un’indicazione decisamente al ribasso rispetto al passato (il decreto flussi 2007 assegnò alla regione seimila lavoratori), ma della quale il ministero del lavoro terrà conto nella distribuzione delle quote.

“La stima per il 2011 tiene conto delle diverse richieste delle imprese” ha spiegato l’assessore regionale al Lavoro, Angela Brandi.  A queste si sono aggiunte “le verifiche della presenza o meno sul territorio regionale del lavoratori extracomunitari, dei soggetti giunti sul territorio attraverso i ricongiungimenti familiari o giunti da altre regioni e dei lavoratori comunitari svincolati dal meccanismo dei flussi d’ingresso”.

In questi calcoli, ha detto l’assessore, bisogna tener conto della “crisi generale”. Meglio quindi, secondo Brandi, dare la precedenza al reinserimento dei “lavoratori italiani ed extracomunitari colpiti dalla crisi e dall’aumentato tasso di disoccupazione e mobilità, alla quale possono ricorrere le imprese locali per soddisfare i fabbisogni professionali”.

Il Friuli Venezia Giulia chiude insomma a nuovi ingressi, ma Brandi e il resto della giunta sembrano ignorare che i flussi sono anche una chance di regolarizzazione. Molte delle domande di assunzione che verranno presentate da imprese e famiglie friulane riguardano lavoratori senza permessi di soggiorno che già vivono nella Regione. Forza lavoro che, senza quote, rimarrà sommersa.

Elvio Pasca

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