Il ventottenne diviso tra il Foro di Milano e l'impegno civile. “Gli immigrati e i loro figli non si occupino solo di immigrazione”
Roma – 14 giugno 2013 – Abdoulaye Mbodj ha un’energia infinita, le idee molto chiare e tanta voglia di continuare una carriera che ha oltrepassato traguardi importanti.
Nato a Dakar, in Senegal, nel 1985, all’età di sei anni con la mamma e la sorella minore, raggiunge il padre in Italia. Pochi mesi per imparare l’italiano una vita investita in studio e impegno civile.
“Fare l’avvocato era un sogno che mi portavo con me da quando ero bambino, guardavo sempre Perry Mason. Caratterialmente sono una persona molto determinata e come piace dire a me: ad un problema concreto deve seguire una soluzione concreta. Quello che mi piace del mio lavoro è far sentire i miei clienti protetti, sicuri. Per me è una vocazione”.
“Quando ci siamo trasferiti in Italia, mio padre faceva il venditore ambulante, eravamo una delle prime famiglie africane a vivere a Casalpusterlengo, in provincia di Lodi. Ricordo che c’era tanta curiosità e simpatia nei nostri confronti, a scuola mi dicevano che assomigliavo ad Arnold, quello della sit-com”.
“Dopo la maturità classica ho scelto di iscrivermi a giurisprudenza all’Università Cattolica, anche se sono di fede musulmana. Fu una bellissima esperienza e durante quegli anni sono stato rappresentante di facoltà per due mandati”.
“Nel 2010 mi sono laureato con il massimo dei voti e ho deciso di fare il mio periodo di praticantato a Milano. Farà un po’ ridere detto da me, ma mi occupo di diritto penale bianco. Il diritto societario, il sistema bancario sono i temi che mi hanno sempre attratto. Infatti la mia tesi di laurea, che ho preparato a Chicago, era in diritto commerciale e garanzie bancarie”.
“Nel 2009 è arrivata la cittadinanza italiana e nel 2011 ho sostento l’esame di stato e il 14 dicembre del 2012 ho fatto il giuramento davanti alla corte d’appello dopo essermi iscritto all’albo degli avvocati di Milano. È stata una grandissima emozione”.
“Al tribunale di Milano sono molti i ragazzi di origine straniera, personalmente non ho mai subito discriminazioni da parte dei miei assistiti, piuttosto succedono cose buffe in udienza. I miei colleghi avvocati e il giudice credono sempre che sia un praticante e quando mi presento come avvocato rimangono tutti di stucco e sento che bisbigliano: ‘quello li ha passato l’esame, come ha fatto?’”.
“Oltre alla mia carriera forense, nella mia vita c’è anche un forte impegno civile. Sono militante nel Partito Democratico e mi piacerebbe coronare la mia carriera diventando deputato e fare parte della commissione giustizia, ma al momento faccio il volontario in sezione. Assieme a diverse associazioni abbiamo messo in piedi anche il “Progetto Italia-Senegal”, donando materiale all’Ospedale, al Comune e alla scuola elementare di Dakar”.
“Nella mia vita, all’università e anche oggi, mi sono sempre occupato d’immigrazione, ma non ho voluto farlo anche nella mia professione. Credo che oggi sia il tempo che gli immigrati, i figli di immigrati si occupino anche di altro. Non possiamo rimanere legati alla nostra condizione sociale, integrazione significa anche questo”.
Samia Oursana