La sua natura meticcia l'ha portata ad intraprendere un percorso di ricerca dell’ identità attraverso l'espressione artistica. “Danzavo su ‘Io non tengo patria’ e mi illuminai”
Roma – 22 gennaio 2013 – "Ho sempre dovuto chiarire chi ero, le mie ambigue origini. Nella danza ho trovato la mia dimensione, non servono più spiegazioni” dice Ashai Lombardo Arop, danzatrice, attrice e autrice genovese.
“Sono nata a Genova, da madre calabrese e padre sud-sudanese, rifugiato politico. Non ho vissuto serenamente la mia adolescenza. È una città molto chiusa al "diverso", per via della grande presenza d'immigrati si è dovuta in un certo senso difendere. Ho subito episodi di razzismo, la gente mi toccava i capelli chiedendomi se erano veri, insomma un clima in cui mi sentivo sotto pressione".
Innamorarsi dell'Italia. "A quindici anni sono stata in Inghilterra con la scuola per due settimane a studiare l'inglese. Furono i giorni più belli della mia adolescenza: nessuno notava la mia diversità, ero invisibile e questo mi faceva stare bene, ero libera. Tornata a casa dissi a mia madre che dopo la maturità mi sarei trasferita li. E così feci”.
“Londra è stata un'esperienza molto importante, è li che sono cresciuta: il primo lavoro, le prime bollette, è stata la prima volta di tante cose, ma soprattutto fu la volta in cui mi sentii immigrata e scoprii l'Italia. Un’ Italia che per un certo verso detestavo perché non mi aveva riconosciuto, ma allo stesso tempo odiavo anche l'Africa, perché tutti mi davano dell'africana per via della mia pelle, ma io l'Africa non la conoscevo. In Inghilterra mi sono sentita italiana e ho conosciuto l'Italia attraverso la musica, la letteratura e la cultura grazie ai tanti amici provenienti da tutte la regioni della penisola".
Con la danza esprimo la mia d'identità. "Dopo cinque anni ho deciso di tornare a casa. Avevo fatto pace con l'Italia e con me stessa. Mi trasferii a Bologna e mi iscrissi al Dams, indirizzo teatrale, e contemporaneamente all'università ho studiato danza a livello accademico. Un giorno in una delle tante lezioni danzavo su un brano che diceva "Io non tengo patria", in quel momento mi illuminai, mi sentivo al centro, stavo bene dentro quel brano. In quel periodo mi sono avvicinata molto al Salento e all’etnocoreutica, lo studio dei balli popolari o cosiddetti etnici.
Il meticciato. "I miei lavori si basano sul concetto di meticcio, in termini positivi, ma soprattutto nascono sempre dall'esigenza di dire qualcosa, da un'urgenza. Ed in ognuno di loro c'è un fondo documentaristico. Non ho mai amato il confini e i limiti nè nella vita nè nell'arte ed è per questo che ogni progetto è una performance che contiene diverse forme artistiche: la parola, la musica, la danza e le immagini. E' con questo spirito che hanno preso vita "Danzemeticce", "Senza Radici" e "Piedi Nudi sul Cemento", con qui abbiamo partecipato a molti festival nazionali e internazionali".
"Quando non ho niente da dite divento la marionetta di progetti di altri come danzatrice o attrice. Ogni opera a cui prendo parte è perché la condivido e loro condividono il mio modo di comunicare, la mia espressività. Ho da poco finito il lavoro sul set della Fiction Rai di "Trilussa, storia d'amore e di poesia", per la regia di Lodovico Gasparini, con Michele Placido e Monica Guerritore. Mentre tra qualche giorno sarò sul palcoscenico teatrale con "Cenerentola. La parte mancante" di Francesco di Giacomo".
Samia Oursana