Ho presentato la richiesta di nulla osta per un cittadino albanese. Lo Sportello Unico me l’ ha rilasciato, il dipendente è già in Italia e ha richiesto il permesso di soggiorno per lavoro. E’ stato convocato dalla Questura per dare le impronte digitali ma è molto preoccupato perché mi ha confidato di essere stato espulso dall’Italia e di aver, in quella occasione, rilasciato un nome falso. Cosa rischia? Gli ritireranno il permesso di soggiorno?
7 dicembre 2011 – Il cittadino extracomunitario, entrato in Italia con un visto per lavoro, che sottoscrive il contratto di soggiorno davanti allo Sportello Unico per l’Immigrazione, presenta la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno con l’invio dei moduli (preparati dallo Sportello Unico) tramite gli uffici postali abilitati.
Contestualmente all’invio del Kit, l’operatore dell’Ufficio Postale comunica allo straniero il giorno di convocazione in Questura per la rilevazione delle impronte digitali, presupposto necessario per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro.
Se il cittadino extracomunitario, in occasione ad un precedente provvedimento di espulsione, si è sottoposto ai rilievi fotodattiloscopici e ha fornito un nominativo diverso, tale circostanza emergerà e sarà ostativa al rilascio del permesso di soggiorno, anche se lo Sportello Unico ha rilasciato il nulla osta al lavoro.
Premesso che il datore di lavoro non rischia nulla, il cittadino extracomunitario ha realizzato così un vero e proprio reato penale, perché ha dichiarato il falso a pubblico ufficiale incorrendo nel reato di false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o di altri, previsto dall’art. 496 del codice penale, punibile con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a € 516.
La situazione diventa più grave se, oltre le generalità false, il cittadino extracomunitario ha fornito anche documentazione falsa (ad esempio il passaporto). In questo caso si configura anche il reato di uso di atto falso (489 c.p.). Si aprirà, pertanto, un procedimento penale a carico del cittadino extracomunitario al quale potrà seguire una sentenza di condanna o di assoluzione.
In entrambi i casi occorre fare però delle precisazioni.
L’art. 5 primo comma del D. Lgs. 286/98 dispone che possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell’art. 4 comma 3 ossia che non risultino una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato; che non siano stati condannati per i reati previsti dall’art. 380 commi 1 e 2 del codice di procedura penale oppure per altri reati tassativamente previsti (es. inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ecc.).
Tra tutti i reati contemplati, compresi quelli richiamati dal codice di procedura penale (es. rapina, lesioni, furto) non vi rientra il reato di false dichiarazioni e di uso di atto falso.
Pertanto, una condanna in tal senso, non rappresenterebbe un motivo ostativo di diniego o di revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Il problema in realtà è un altro: il nulla osta al lavoro è stato rilasciato sulla base di condizioni “false”. La Questura non avrebbe dato parere positivo all’ingresso dello straniero espulso nella procedura di rilascio di nulla osta da parte dello Sportello unico per l’Immigrazione (se il cittadino extracomunitario avesse fornito le reali generalità) per cui il cittadino straniero non avrebbe mai ottenuto il visto di ingresso.
La Questura, quando constaterà la pregressa espulsione, oltre a procedere per i reati penali summenzionati, probabilmente emetterà un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Non sarebbe da escludere nemmeno un provvedimento di espulsione sulla considerazione che un cittadino extraUe entrato con “l’inganno” in Italia è come se si fosse sottratto ai controlli di frontiera, “atteso che il termine “sottrarsi” non significa soltanto sfuggire ai controlli, come avviene nel caso di chi entri clandestinamente nel territorio nazionale, ma anche vanificare l’efficacia di tali controlli, aventi la finalità di impedire ingressi irregolari, giovandosi di un mezzo solo apparentemente legittimo” (Cassazione Civile sez.I sentenza 13864/01).
A questo punto è necessario attendere e verificare come si evolverà la situazione e tutto dipenderà dalla Questura.
Nel caso in cui venisse adottato un provvedimento negativo e contestualmente anche un provvedimento di espulsione, allora ci si potrà opporre con gli ordinari mezzi di impugnazione (ricorso al Tar e al Giudice di Pace).
Non di rado i giudici amministrativi annullano provvedimenti di rifiuto di rinnovo di permessi di soggiorno considerando prevalenti le circostanze di fatto quali la disponibilità per un cittadino extracomunitario di un reddito sufficiente, di un alloggio idoneo e di un contratto di lavoro regolare (TAR Emilia Romagna sentenza n. 1524 del 22.04.08 ), in virtù dell’art. 5 comma 5 del D. Lgs. 286/98 il quale espressamente prevede “Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili .. omissis.”
Avv. Mascia Salvatore