La Corte ha annullato con rinvio una sentenza del tribunale di Tolmezzo che aveva assolto due ucraini dall’accusa di aver procurato l’ingresso illegale in Austria di tre loro connazionali attraverso l’Italia
Lo sottolinea la Cassazione, annullando con rinvio una sentenza del tribunale di Tolmezzo che aveva assolto due ucraini dall’accusa di aver procurato l’ingresso illegale in Austria di tre loro connazionali attraverso l’Italia, in violazione del trattato di Schengen.
Per il Tribunale, favorire il transito momentaneo e provvisorio dei tre extracomunitari intenzionati a ritornare in patria passando per Austria, Ungheria e Romania, "non costituisce reato", il quale, secondo i giudici di primo grado, "sussiste solo se viene favorita la permanenza dello straniero in uno Stato aderente a Schengen".
Contro la decisione dei giudici del merito si era rivolto alla Cassazione il procuratore generale di Trieste, il cui ricorso, secondo gli ‘ermellini’ della prima sezione penale, e’ fondato: "il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – si legge nella sentenza n. 6398 della Suprema Corte – costituisce reato di pericolo, sicche’ e’ sufficiente ad integrarlo la condotta diretta a procurare l’ingresso illecito dello straniero dall’Italia nel territorio di uno Stato confinante, del quale egli non sia cittadino o non abbia titolo di residenza permanente, a nulla rilevando ne’ la durata di tale ingresso, ne’ la destinazione finale del trasferimento". Pur riconoscendo che sul punto la giurisprudenza e’ contrastante ("secondo una teoria non rientra nel concetto di ingresso illegale il mero transito", rispondendo "all’esigenza di ridurre l’area della sanzione penale ai casi assolutamente indispensabili", si ricorda nella sentenza), i giudici della Suprema Corte scelgono l’indirizzo "piu’ restrittivo", ossia di considerare il reato in questione come reato di "pericolo", cercando cosi’ di "sfuggire alla nomea di ‘Italia, ventre molle dell’immigrazione clandestina’ e di tutelare anche gli altri Stati membri dell’Unione Europea".
La modifica attuata all’articolo 12 del Testo Unico sull’immigrazione con la legge Bossi-Fini (189/2002), infatti, fa si’ che "la fattispecie criminosa non e’ piu’ soltanto integrata dalle condotte dirette ad agevolare l’ingresso in Italia di stranieri extracomunitari in violazione della disciplina italiana in punto di immigrazione – rileva la Cassazione – ma ricomprende anche tutte quelle condotte finalizzate a permettere l’entrata illegale in altri Stati confinanti". Inoltre, osservano ancora gli ‘alti’ giudici, nel caso in cui "si ritenesse penalmente irrilevante un ingresso per il solo fatto che chi lo compie assicura di essere solo in transito e di essere diretto al proprio Paese d’origine, mancando ogni possibilita’ di controllare la serieta’ di siffatte dichiarazioni, si finirebbe col rendere sostanzialmente ineffettiva la norma".