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Clandestino? Espulso anche se manda soldi alla famiglia

Lo ha ribadito la Cassazione annullando la sentenza del Tribunale di Bergamo che aveva assolto un nigeriano

Roma – 28 luglio 2009 – Avere una famiglia all’estero da mantenere non è sufficiente per restare in Italia con un’ordinanza di espulsione in tasca. La necessità di mandare le rimesse ai familiari per aiutarli a vivere nella propria patria rientra nelle ”condizioni caratterizzanti la situazione del migrante economico”. Dunque chi è in questa condizione e non ha i documenti di soggiorno in regola deve andare via lo stesso.

La Cassazione lo ha ribadito nella sentenza numero 30994 specificando che non è un ”giustificato motivo” rimanere in Italia da clandestino per ”la necessità di contribuire con i proventi di una saltuaria attività lavorativa svolta in Italia, al sostentamento dei familiari in patria indigenti e adempiere così all’obbligo di mantenimento che anche il nostro ordinamento impone in favore dei congiunti”.

Il caso riguarda un’immigrato nigeriano che non avendo ottemperato al decreto di espulsione emesso per lui nel 2005 era stato assolto dal Tribunale di Bergamo nel 2006 perché il giudice monocratico aveva ritenuto un ”giustificato motivo” la condotta dell’imputato che ”non aveva precedenti penali e non si era potuto allontanare dall’Italia per la necessità di contribuire al sostentamento dei familiari in patria indigenti”.

La I Sezione Penale della Cassazione ha però annullato la sentenza. Secondo i giudici, infatti, ”la necessità di provvedere economicamente a se e alla propria famiglia nella patria lontana, integra, certo, un motivo socialmente e umanamente apprezzabile, ma non può questa necessità rendere in sè inesigibile l’adempimento dell’ordine impartito dalla Pubblica amministrazione nè appare una necessità idonea a rendere questo adempimento (l’espulsione) pericoloso o difficoltoso”.

Antonia Ilinova

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