Adottata una proposta di direttiva con pesanti sanzioni per i datori di lavoro. Ecco il testo e i punti principali
BRUXELLES – Esclusione da appalti e finanziamenti pubblici, pagamento dei contributi arretrati, multe, responsabilità penale: sono alcune delle sanzioni previste per i datori di lavoro che impiegano immigrati irregolari da una proposta di direttiva adottata stamattina dalla Commissione europea.
L’esecutivo dell’Ue vuole così colpire l’offerta di lavoro nero, una dei richiami principali (probabilmente il più forte) per i flussi clandestini. Il testo dovrà essere ora approvato da Consiglio e Parlamento europeo e, in caso di via libera, recepito dalla legislazione di tutti gli stati membri.
Secondo la proposta di direttiva, i datori di lavoro devono verificare prima dell’assunzione che il cittadino straniero sia in posizione regolare, controllando il suo permesso di soggiorno. Questa verifica li metterà al riparo da eventuali sanzioni, a meno che i documenti del lavoratore straniero non risultino manifestamente falsi (ad esempio perché hanno una foto diversa o sono stati chiaramente alterati).
Le sanzioni di tipo amministrativo colpiscono le imprese (in caso di subappalti si può risalire lungo tutta la catena dei "contractors") ma anche i singoli cittadini, come i datori di lavoro domestico. A seconda dell’infrazione potrebbero includere delle multe e anche il pagamento del rimpatrio e di tutti i salari e i contributi arretrati dei cittadini stranieri, per i quali invece questa direttiva non prevede sanzioni.
Le imprese che impiegano clandestini vengono inoltre colpite duramente nel portafoglio. Gli stati membri possono infatti scegliere di escluderle per cinque anni da appalti, aiuti e finanziamenti pubblici, compreso l’accesso ai fondi europei, e costringerle a restituire quelli già incassati nei dodici mesi precedenti alla verifica dell’ infrazione. Si può infine arrivare alla chiusura, temporanea o permanente, degli stabilimenti.
Nei casi più gravi l’impiego di lavoratori irregolari diventa un reato e scattano le sanzioni penali. La direttiva individua quattro situazioni: infrazioni ripetute (almeno tre in due anni), impiego di un numero significativo di clandestini (almeno quattro, suggerisce la Commissione), condizioni di particolarmente sfruttamento (ad esempio quando ci sono differenze significative rispetto ai lavoratori regolari), consapevolezza da parte del datore di lavoro che i clandestini sono vittime della tratta di esseri umani.
Per facilitare la presentazione di denunce da parte dei lavoratori irregolari, la direttiva prevede che queste possano essere raccolte direttamente dalle autorità o attraverso "terze parti", come potrebbero essere ad esempio, sindacati e associazioni. Nei casi di sfruttamento più grave potrà inoltre esser rilasciato all’immigrato che collabora alle indagini contro il datore di lavoro un permesso di soggiorno, come avviene per le vittime della tratta.
Infine, strumento fondamentale e da rafforzare per combattere lo sfruttamento sono le ispezioni. Gli stati membri dovranno assicurarne abbastanza da coprire ogni anno almeno il 10% delle imprese attive sul territorio, selezionandole in base a studi sull’incidenza del lavoro irregolare in ogni settore e a passate infrazioni. Rapporti triennali monitoreranno l’applicazione della direttiva.
(16 maggio 2007)
Elvio Pasca