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Permessi. Tar: “La Questura rispetti i tempi”

Il tribunale dà ragione a una cittadina immigrata che attende il documento di soggiorno da oltre un anno. Scarica la sentenza

Roma – 26 febbraio 2008 – I tempi lunghissimi impiegati dalle questure per i rilasci e i rinnovi dei permessi di soggiorno sono noti a tutti gli immigrati, che non una volta hanno provato a protestare. Le risposte sono sempre state le solite: ci sono troppe domande, funziona così, bisogna solo aspettare, non ci sono alternative. L’alternativa invece potrebbe esserci. Fare ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar).

E’ ciò che ha fatto una donna immigrata, esasperata dalla attesa di veder rinnovato il proprio permesso. Maja. A., vive in Italia dal 1995. Qui ha frequentato le scuole secondarie superiori e si è laureata in Scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Genova. Da tempo lavora come interprete e traduttrice presso Organismi Internazionali quali l’Onu. Non nuova, quindi, alle pratiche di rinnovo del documento di soggiorno, ha deciso di rivolgersi al Tar di Roma per reclamare il rispetto dei tempi di conclusione della pratica.

La ricorrente aveva presentato la domanda di rinnovo del pds il 28 dicembre 2006. Visto che da quella data è trascorso oltre un anno senza che l’Amministrazione abbia concluso il procedimento rilasciando il documento, il Tar, che ha già accolto ricorsi analoghi, ha sollecitato la Questura di Alessandria di decidere sulla domanda entro trenta giorni.

Il Ministero dell’interno, chiamato in giudizio, si è difeso sostenendo che il procedimento amministrativo si sarebbe concluso favorevolmente nel novembre 2007, e che il mancato rilascio del permesso di soggiorno sarebbe imputabile alla sola Zecca dello Stato che non avrebbe ancora trasmesso il documento elettronico alla ricorrente.

Per i giudici romani, però, conta il fatto che “è trascorso un intervallo di tempo ampiamente superiore ai novanta giorni previsti dall’art. 2 della L. 241/90 per la conclusione del procedimento”. Dunque, hanno accolto il ricorso.

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Antonia Ilinova

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