Vent’anni fa il piccolo Victorr Torrefiel Vicente incollò milioni di italiani davanti alla tv. Oggi fa il regista e dice alle seconde generazioni: “Realizzate i vostri sogni”
Roma – 7 luglio 2011 – I ragazzi filippini arrivati in Italia per raggiungere le loro famiglie hanno spesso difficoltà ad inserirsi a scuola o a trovare un lavoro. Victorr Torrefiel Vicente è un modello per tanti di loro.
È arrivato in Italia nel 1989 con sua madre per raggiungere il padre che era già qui per lavorare. Oggi, nemmeno trentenne, è regista e produttore esecutivo per la Seven Stars Pictures, casa di produzione cinematografica e televisiva romana. Ma nel 1991, quando aveva appena otto anni, incollò milioni di italiani davanti al piccolo schermo.
Era lui il protagonista di “Felipe ha gli occhi azzurri”, miniserie di Rai Uno che narrava le peripezie di un bambino filippino arrivato clandestinamente in Italia, finito in un giro di sfruttamento e salvato da un giovane commissario interpretato da Claudio Amendola. Fu un successo, tanto che ne fu girata anche una seconda stagione.
Cosa ricordi di quell’esperienza?
Non la dimenticherò mai. Ho girato il film quando non sapevo una parola di italiano, dovevo imparare tutto a memoria. Il set era pieno di bambini e non poter giocare con i miei coetanei dopo ogni dopo ciak era un incubo. Poi cantavo una canzoncina filippina di Yoyo Villame, credo di essere diventato famoso più per la canzone che il film…
Lì è cominciata la tua carriera.
Sì, non capivo ciò che recitavo ma compresi subito che Felipe era stato un successo e che dovevamo girare la seconda serie. Sono stato anche protagonista di Chiamami Nanay e Bellissimo e nel 1998 ho iniziato a girare da regista alcuni video musicali per cantanti e gruppi italiani. Ho lavorato come regista a Colpevole di Enzo de Carolis, Almeno speriamo che sia domenica di Vincenzo Corvino, il Monito dell’appeso di Giuseppe Andreozzi e ad alcune colonne sonore, come Potente & maestosa di Malaisa. Mi è stata data questa opportunità a cui mi dedico al meglio.
Nel tuo lavoro riesci a trasmettere la cultura filippina?
Io sono un filippino al 100%. Parlo filippino cioè tagalog. Vado alla messa in filippino con la mia comunità ogni domenica. I miei genitori mi hanno cresciuto credente. Mangio i piatti filippini ogni giorno. Ma al lavoro i miei colleghi sono tutti italiani, non si può negare dal mio aspetto fisco che sono filippino e trasmetto la mia cultura portando la bandiera filippina nel mio cuore e nella mia anima.
Hai un messaggio per i giovani della comunità filippina?
Io non mi sono mai sentito un diverso. Essere uno straniero non è un ostacolo per raggiungere i propri sogni. L’importante è fare sempre del nostro meglio in qualsiasi campo, i risultati, prima o poi, arriveranno.
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