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Due poesie di Lidia Palazzolo

Una "poetessa per destino", emigrata dall’Argentina 20 anni fa 

Patria
bandiera
idioma
frontiera
paese quartiere
condominio
famiglia
filo spinato
cognome eredità
confine
Stranieri
sono gli altri.

****

Scarni
ma forti
Agili piedi
che colmano
le distanze
Piedi piccoli
come quelli
di mio padre
Magri
resistenti ai traslochi
agli adii
Piedi
memori
segnati
da scarpe
povere
ma dignitosi
Liberi piedi
per strade
senza ritorno
Perseveranti
ribelli
Piedi
nomadi
instancabili
Dispari.

"Sarà poeta? … Dio non lo voglia" . Con la frase di un amico in attesa della nascita del figlio si presenta Lidia Amalia Palazzolo. Nata a Buenos Aires nel 1951, da più di 20 anni in Italia, da 15 in Trentino, poeta per destino, antropologa per sopravvivere. Girando il mondo ha pubblicato in numerose riviste e antologie il suo universo multiforme di scrittrice transumante. Scrivere per lei è un modo di dare nome alle cose. In una riflessione Lidia dice: "Così come il poeta è uno smemorato che nomina ogni volta perché ogni volta dimentica. E forse il destino finale dei poeti è proprio il silenzio".

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