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NordEst: un nuovo disoccupato su quattro è straniero

Fondazione Moressa: "La crisi ha colpito soprattutto gli immigrati. Ma le imprese hanno ancora bisogno di loro" Roma – 6 ottobre 2010 – Nel NordEst dall’inizio della crisi il numero di disoccupati è aumentato di quasi 65mila unità, di cui 17mila sono stranieri. Questo significa che dei nuovi disoccupati, il 26,3% è straniero.

È uno dei risultati dello studio della Fondazione Leone Moressa che ha analizzato le dinamiche occupazionali degli stranieri nel NordEst dalla metà del 2008, ossia il periodo da cui si ipotizza l’inizio della crisi economica.

Attualmente il tasso di disoccupazione degli stranieri si attesta nel NordEst al 13,4%, contro una media territoriale del 5,5%, quindi poco meno di dieci punti percentuali in più. Il Veneto è la regione che mostra il tasso più contenuto (12,8%), mentre per Trentino A.A. e Friuli V.G. si tratta, rispettivamente, del 14,2% e del 15,5%.

Nel corso dell’ultimo biennio il numero dei nuovi disoccupati è stato di 17 mila unità, di cui oltre 11mila nel solo Veneto, quasi 3mila in Trentino Alto Adige e 2,6mila in Friuli Venezia Giulia. Questo dato permette di valutare quanta parte della nuova disoccupazione sia in capo agli stranieri: si tratta addirittura del 40% in Trentino Alto Adige, ma del 25,5% in Friuli Venezia Giulia e del 24,4% del Veneto.

In generale comunque i disoccupati stranieri sono oltre 47mila in tutta l’area del NordEst, di cui quasi 33mila nel solo territorio Veneto.

“L’emorragia occupazionale che colpisce soprattutto gli stranieri” affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa “rischia di pregiudicare la loro presenza nel nostro territorio, dal momento che il lavoro è la condizione necessaria per il loro regolare soggiorno. Nonostante tutto, le imprese nel 2010 continueranno a richiedere manodopera straniera, specie di bassa qualifica: stando agli ultimi dati di previsione di assunzione (indagine Excelsior), il 24% della nuova occupazione in Veneto sarà straniera”.

I ricercatori auspicano quindi che “tale apertura possa tradursi nell’assunzione di quei soggetti colpiti dalla crisi e rimasti senza lavoro e si possa creare una seria politica di immigrazione dei flussi migratori nel nostro territorio che rimane comunque tra i più attrattivi per la manodopera straniera.”

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