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Rom e Sinti. Sono 180 mila, per la metà italiani. Solo 1 su 5 nei “campi”

40 mila persone in emergenza abitativa, tra inutili sgomberi forzati e razzismo. Il rapporto dell’Associazione 21 luglio

 
Roma – 8 aprile 2015 –  Dici rom e pensi a un’enorme  massa di non meglio identificati “stranieri” che vivono nei cosiddetti “campi nomadi”. La realtà, però, è molto diversa, come dimostra il Rapporto Annuale 2014 presentato oggi a Roma dall’Associazione 21 luglio in occasione della Giornata Internazionale dei Rom e dei Sinti.
 
Oggi, dice il rapporto, in Italia vivono circa 180 mila rom e sinti, che rappresentano appena lo 0,25% della popolazione presente sul territorio nazionale. Il 50% ha la cittadinanza italiana e 4 su 5 “vivono in regolari abitazioni, studiano, lavorano e conducono una esistenza come quella di ogni altro cittadino, italiano o straniero, residente nel nostro Paese”.
 
Al di là di quello che raccontano i media e molti politici, a vivere nei campi sono “solo” in 40 mila. Persone in emergenza abitativa per le quali, sottolina l’associazione 21 luglio, “ il varo della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti e il cambio di direzione da essa paventato non hanno significato un sostanziale mutamento delle loro condizioni di vita”. 
 
Continua, nonostante i buoni propositi annunciati, continua l’”approccio emergenziale” fatto di sgomberi forzati   (più di 230 nelle città di Roma e Milano) e di nuovi “campi nomadi”. Negli ultimi tre anni ono stati costruiti altri insediamenti a Roma, Milano, Giugliano, Carpi e in diverse città italiane del centro-sud, da Latina a Lecce, sino a Cosenza, sono in discussione avanzata progetti relativi alla costruzione di nuovi insediamenti per finanziamenti che superano i 20 milioni di euro.
 
Questi campi, denuncia 21 luglio, ci sono elementi di criticità tali da renderli luoghi di sospensione dei diritti umani. E a farne le spese sono soprattutto i minori.   “Un “figlio del campo” – spiega il Rapporto – avrà possibilità prossime allo zero di accedere a un percorso universitario, mentre le possibilità di frequentare le scuole superiori non supereranno l’1%. In 1 caso su 5 non inizierà mai il percorso scolastico”
 
Soprattutto, per i bambini dei campi è fino a 60 volte più probabile, rispetto a un suo coetaneo non rom ,  essere segnalato dal Servizio Sociale e di entrare in contatto con il sistema italiano di protezione dei minori. La loro aspettativa di vita è mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione mentre da maggiorenne avranno 7 possibilità su 10 di sentirsi discriminato a causa della propria etnia”.
 
Segregazione nei campi, ma anche razzismo. Dei 443 episodi di discorsi d’odio contro i rom registrati dall’Osservatorio dell’Associazione 21 luglio, l’87% risulta riconducibile a esponenti politici. Numerosi sono stati gli episodi violenti avvenuti a Poggioreale, Latina, Vimercate, Querceta, Città di Castello, Padova e Acilia che hanno avuto per bersaglio i rom.
 
La Capitale, può essere considerata la “cartina di tornasole” di ciò che accade nel Paese. Basti pensare ai 34 sgomberi del 2014, che in una sorta di gioco dell’oca  hanno spinto le comunità rom da un punto all’altro di Roma “senza ottenere alcun risultato se non la violazione dei diritti umani e lo sperpero del denaro pubblico”. Emblematico il caso di 15 famiglie cacciate lo scorso luglio da via Val d’Ala rimpatriate in Romania e tornate nei giorni scorsi nello stesso “’insediamento dal quale erano stati sgomberati per un costo, sostenuto dall’Amministrazione comunale, di quasi 170.000 euro”.
 
“In tale contesto caratterizzato da forti contraddizioni – conclude l’Associazione 21 Luglio – una più diffusa e maturata consapevolezza tra gli amministratori sulla necessità di superare definitivamente i “campi nomadi” e una nuova sensibilità dell’opinione pubblica nel condannare con determinazione e fermezza forme di razzismo verso i rom devono rappresentare quelle gocce di speranza da cui potrà prendere finalmente avvio una nuova politica rivolta ai rom e ai sinti che vivono nel nostro Paese e lo sradicamento di quegli stereotipi e pregiudizi negativi diffusi e radicati nei loro confronti”.
 
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