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L’Europride? È anche il giorno degli immigrati

Fuggono l’omofobia dei Paesi d’origine, ma la ritrovano spesso qui nelle comunità o in famiglia. E riunirsi al partner è un’impresa. Ne parliamo con Giorgio Dell’Amico, referente nazionale immigrazione di Arcigay

 

Roma – 10 giugno 2011 – Di immigrati omosessuali si parla troppo poco. Una minoranza nella minoranza, uomini e donne che hanno esigenze specifiche di riconoscimento e tutela dei diritti e affrontano una battaglia dell’integrazione inevitabilmente doppia.

In quanti sfileranno all’Europride, la giornata dell’orgoglio di gay,lesbiche, bisessuali e transgender? “Manifestare è una scelta personale, influenzata da molti fattori, anche culturali. Di sicuro Europride è un evento che rivendica diritti, e sui diritti dei migranti, in particolare di quelli omosessuali, bisogna ancora lavorare molto” dice a Stranieriinitalia.it Giorgio Dell’Amico, referente nazionale di Arcigay per l’immigrazione.

Partiamo da un calcolo semplicistico, ma indicativo. Se l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che una persona su venti è omosessuale, gli slogan del corteo di domani danno voce anche a duecentocinquantamila immigrati. “Eppure, l’omosessualità rimane un tabù per molte comunità, dai nordafricani ai cinesi, dai subsahariani ai romeni. Arrivano a negarne l’esistenza, ne parlano spesso come di un ‘problema italiano’” spiega Dell’Amico.

L’omofobia può diventare un pericolo mortale. In settantaquattro Paesi l’omosessualità è un reato e gli omosessuali rischiano condanne, torture, anche la pena di morte. A queste si aggiungono discriminazioni e persecuzioni all’ordine del giorno in Paesi che pure non hanno un divieto ufficiale a vivere liberamente la propria sessualità.

“Molti arrivano in Italia proprio per fuggire a queste situazioni e sempre più spesso viene loro accordata una forma di protezione, dai permessi di soggiorno per motivi umanitari fino al riconoscimento dello status di rifugiato. Su questo fronte  – continua l’esperto  – l’Italia sta facendo grandi passi avanti, ma c’è ancora molto da lavorare, per informare chi arriva sulla possibilità di chiedere asilo e per tutelarlo già nei centri di prima accoglienza”.

Arcigay ha due sportelli dedicati ai migranti a Milano e Verona (un altro aprirà in Sicilia a settembre) e ha attivato una casella di posta elettronica, migra@arcigay.it, per informazioni e richieste di aiuto. Canali che non servono solo a chi fugge da persecuzioni in patria, ma anche a chi ha a che fare con una burocrazia dell’immigrazione per la quale l’omosessualità non esiste.

“Un grosso problema è far arrivare i propri partner in Italia, per il mancato riconoscimento delle coppie di fatto. Anche quando le unioni gay sono riconosciute nei Paesi d’Origine è molto difficile avere un ricongiungimento familiare. Conosco cittadini argentini che in patria sono sposati e che invece per riunirsi in Italia hanno dovuto usare i flussi di ingresso, con una finta assunzione per lavoro domestico” racconta Dell’Amico.

Altro fronte sempre più caldo, destinato a diventare bollente nei prossimi anni, è quello delle seconde generazioni. Sono cresciute con modelli occidentali in famiglie dove imperano modelli culturali dei paesi d’origine e per molti di loro fare coming out vuol dire perdere la propria famiglia.

“Abbiamo casi di ragazzi scappati da genitori vogliono costringerlo a un matrimonio combinato. Altri sono stati cacciati di casa appena hanno manifestato la loro omosessualità. Questa è una sfida difficile, le nostre associazioni – ammette Dell’Amico  – hanno difficoltà a entrare nelle comunità e nelle famiglie, serve un’operazione culturale di largo respiro”. Dovrebbe insomma intervenire lo Stato, stiamo parlando di integrazione.

Il responsabile immigrazione di Arcigay non si fa grosse illusioni. “Mi pare che temi e interventi di questo tipo non siano all’ordine del giorno per l’attuale governo. Eppure, come chiediamo a chi arriva in Italia di riconoscere, ad esempio, la parità tra uomo e donna, così dovremmo educarlo al rispetto dei diritti di gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Siano essi immigrati o italiani”.

Elvio Pasca

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