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Migranti, Sea Watch: “No ai rimpatri verso la Tunisia, non è un Paese sicuro”

Roma, 5 ottobre 2023 – Durante una conferenza stampa organizzata da ‘Euromed Rights’, ‘Avocats Sans Frontières’, e Sea Watch presso la sede della Stampa Estera a Roma, la portavoce di Sea Watch, Giorgia Linardi, ha rivelato dati significativi sugli arrivi di migranti in Italia nel corso del 2023.

Migranti, i dati di Sea Watch

Secondo Linardi, nel corso del 2023 sono arrivate in Italia circa 135.000 persone, e di loro, più del 67% sono partite dalla Tunisia. Questo dato smentisce l’argomento comunemente citato del cosiddetto ‘pull-factor’, secondo cui le operazioni di soccorso delle ONG nel Mediterraneo avrebbero attratto un gran numero di migranti. Linardi, inoltre, ha sottolineato che solo il 5% delle 135.000 persone è giunto in Italia attraverso il soccorso delle organizzazioni non governative, un dato confermato dal ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi. Questo dato sfida ulteriormente l’idea che le operazioni di soccorso delle ONG abbiano un impatto significativo sull’afflusso di migranti.

La portavoce di Sea Watch ha anche evidenziato che il 92% delle partenze dalla Tunisia coinvolge persone di nazionalità sub-sahariana, che non godono di alcuna protezione in Tunisia. Il Paese nordafricano, secondo Linardi, non è un luogo sicuro per i migranti, poiché non dispone di una legge che attui il diritto di asilo. Inoltre, ha sottolineato che “nella migliore delle ipotesi, se sei una persona irregolarmente presente in Tunisia, sei un fantasma”.

Sea Watch, poi, ha espresso critiche nei confronti degli accordi tra l’Italia, l’Unione Europea e la Tunisia, sostenendo che tali accordi consentano al presidente tunisino Kais Saied di utilizzare il flusso di migranti come strumento di pressione sui Paesi europei. Secondo Sea Watch, tra l’altro, politiche simili, che hanno portato alla firma di memorandumi d’intesa con la Libia e la Tunisia, hanno incoraggiato i cosiddetti “flussi apocalittici” di migranti.

Infine, l’organizzazione ha criticato l’approccio dell’Europa alla gestione delle migrazioni, sostenendo che questi accordi favoriscano il ricorso alla migrazione come strumento di pressione internazionale da parte di Paesi terzi.

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