Nel centro storico non si potranno aprire esercizi “riconducibili ad etnie diverse”. Lo prevede un nuovo regolamento comunale
Roma – 26 gennaio 2009 – Niente kebab, involtini primavera o tacos, sì a minestre di farro e pancotto.
Fosse il diktat di un dietologo, non rimarrebbe che rassegnarsi a malincuore. Ma se a metter becco sui vostri gusti culinari fosse un assessore al commercio, quanto sareste disposti ad adeguarvi?
Giovedì scorso, con i voti della maggioranza di centrodestra, il consiglio comunale di Lucca ha approvato un nuovo regolamento sugli “esercizi di somministrazione di alimenti e bevande” che, tra le altre cose, pone dei paletti per aprire ristoranti e bar nel centro storico.
Tra questi, c’è n’è uno che farà discutere, e tarperà le ali a molti immigrati col pallino della ristorazione che stavano pensando di mettersi in proprio: "Al fine di salvaguardare la tradizione culinaria e la tipicità architettonica, strutturale, culturale, storica e di arredo non è ammessa l’attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività svolta sia riconducibile ad etnie diverse".
In altre parole, tra le belle mura che hanno reso famosa la cittadina toscana d’ora in poi sarà vietato aprire ristoranti di cucina straniera. Le disposizioni riguardano solo le nuove aperture, quindi "kebabbari" & co. già in attività non hanno di che preoccuparsi, ma quanti speravano di aprire un ristorantino etnico dovranno farlo lontano dai flussi turistici.
Magra consolazione, anche ai ristoratori italiani è imposta una svolta campanilistica. “Nei menù – recita ancora il regolamento – deve essere presente almeno un piatto tipico lucchese, preparato esclusivamente con prodotti comunemente riconosciuti tipici della provincia di Lucca”.
Elvio Pasca