Roma – 7 gennaio 2008 – I tentativi di risolvere la crisi politica keniota finora non hanno prodotto nessun risultato concreto.
Il governo di Mwai Kibaki e il partito Orange Democratic Movement (ODM) di Amolo Raila Odinga hanno impostazioni molto diverse. Mentre l’opposizione cerca di essere flessibile nel cercare la soluzione, il governo non dà segnali chiari di essere disposto ad accomodare le proposte dell’opposizione.
Fino ad oggi l’opposizione ha fatto queste proposte: ricontare i voti presidenziali; formare un governo di transizione e avere nuove elezioni presidenziali entro 3 mesi; coinvolgere mediatori internazionali nel dialogo con il governo per trovare una soluzione condivisa da entrambe le parti.
Tutte le proposte finora presentate dalla parte di Presidente Kibaki puntano verso la risoluzione della crisi in modo che lui rimanga al potere. Lui si è già dichiarato a favore di una rielezione se il tribunale keniota annulla le elezioni. Ma l’opposizione non si fida del sistema giuridico del Paese visto che i tribunali sono pieni di giudici nominati direttamente da Kibaki, che potrebbero non annullare le elezioni se il caso andasse in tribunale. In fatti, l’idea di Kibaki di portare il caso in tribunale può essere una strategia per calmare le proteste, e tenere le mani legate all’opposizione perché una volta che il caso va in tribunale, non si può fare altro che aspettare le indagini e la sentenza, che potrebbe arrivare dopo anni, e probabilmente non a favore dell’opposizione.
L’altra proposta di Kibaki è quella di formare un governo di unità nazionale, che può sembrare una buona cosa, ma che in realtà presuppone che lui abbia vinto le elezioni e che sarà lui il capo del governo di unità nazionale. Questo tipo di governo non può essere accettato dall’opposizione e sicuramente non può funzionare perché non si può avere un capo di governo che il popolo è convinto di non aver eletto, e mettere sotto di lui Odinga, che il popolo sa di aver eletto.
Infatti come risposta a questa proposta di Kibaki, Odinga ha detto che “dovremmo essere noi ad invitarlo (Kibaki) al governo di unità nazionale perchè sappiamo benissimo di aver vinto le elezioni.”
È anche da sottolineare che nel 2002, Kibaki è stato eletto presidente perché è stato appoggiato da Odinga. Ma quando Kibaki non è rimasto fedele al programma iniziale, non impegnandosi a combattere la corruzione e rifiutando di fare una nuova costituzione che riducesse i poteri del presidente, Odinga ha rotto con il governo e formato un partito d’opposizione. Odinga dice che non si fida di Kibaki perché ha già dimostrato in passato di non essere uno che rispetta i patti.
Qualcuno dice che siccome il partito di Odinga ha la maggioranza in Parlamento, dovrebbe accettare la sconfitta e poi andare in parlamento a chiedere voto di sfiducia al governo di Kibaki. Questa proposta non può funzionare perché Odinga si troverebbe "fregato". In Kenya è il presidente a decidere quando convocare le sedute del Parlamento e con quale ordine del giuorno, perciò Kibaki potrebbe rimandare all’infinito le sedute parlamentari, magari convocandone una ogni sei mesi e mettendo in agenda altri argomenti da discutere.
La negoziazione della soluzione alla crisi politica in Kenya deve essere fatta sotto mediatori internazionali credibili accettati dalle due parti in conflitto. Questa negoziazione deve affrontare il vero problema che ha scatenato le proteste, cioè i brogli dei risultati delle elezioni presidenziali. Non si devono cercare modi di calmare le proteste senza affrontare la causa delle proteste.
La proposta di lasciare Kibaki al potere, anche se l’opposizione sarà costretto ad accettarla per amore della patria, sicuramente non sarà mai accettata dalla maggioranza dei kenioti che sa di non aver eletto Kibaki presidente.
Tale proposta creerebbe un cattivo precedente in Kenya, insegnando ai politici che se vogliono vincere elezioni non devono convincere le elettori ma avere il controllo della commissione elettorale del Kenya.
La vera soluzione sarebbe ritornare alle urne sotto osservatori internazionali. Le nuove elezioni non devono essere organizzate della commissione elettorale del Kenya che si è dimostrato incapace di svolgere questo importantissimo ruolo. Visto che l’opposizione e il governo sono convinti di aver vinto le elezioni, non dovrebbe essere difficile per loro tornare alle urne in modo trasparente cosi che il popolo keniota possa avere l’ultima parola su chi li governerà.
Stephen Ogongo
direttore Africa News & Nouvelles