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Mediterraneo centrale, la rotta della disperazione: 370 morti e 300 dispersi dall’inizio dell’anno

Roma, 13 agosto 2025 – Il Mediterraneo centrale continua a essere una delle rotte migratorie più pericolose al mondo. Dall’inizio del 2025 al 9 agosto, secondo l’ultimo aggiornamento diffuso dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), almeno 370 persone hanno perso la vita e 300 risultano ancora disperse mentre tentavano di raggiungere l’Europa partendo dalla Libia. Numeri che, dietro la freddezza delle statistiche, nascondono storie di fuga, speranza e tragedia.

Il mare tra la Libia e l’Italia è da anni un teatro di salvataggi disperati e di tragedie silenziose. Nello stesso periodo preso in esame dall’Oim, 14.063 migranti sono stati intercettati in mare e riportati in Libia. Tra loro, 12.170 uomini, 1.295 donne, 453 minori e 145 persone di cui non si conoscono i dati di genere. Per molti di loro, il rientro in Libia significa tornare in un contesto di detenzione arbitraria, violenze e condizioni di vita estremamente dure.

Rispetto ai mesi precedenti, il bilancio è in peggioramento costante: a giugno si contavano già oltre 250 morti, a luglio più di 300. Ora, con la metà di agosto alle porte, la cifra ha superato le 370 vittime. Un trend che lascia presagire un 2025 ancora più drammatico rispetto agli anni passati.

Dietro questi numeri ci sono volti, famiglie, sogni interrotti. Ci sono barche sovraffollate e inadeguate alla navigazione, partenze notturne per eludere i controlli, e soccorsi che spesso arrivano tardi o non arrivano affatto. Il Mediterraneo centrale, con le sue rotte che uniscono la Libia all’Italia, continua a essere non solo un confine geografico, ma soprattutto una linea sottile tra la vita e la morte.

Questi dati, diffusi dall’Oim, sono un monito alla comunità internazionale: servono politiche di soccorso più efficaci, corridoi umanitari sicuri e un impegno concreto per affrontare le cause che spingono migliaia di persone a rischiare tutto in mare. Perché dietro ogni cifra c’è una vita che non c’è più.

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