“Persone che cercano pace, reclamano diritti, fuggono dalla fame e dalla sete. Le nostre comunità le accolgano”
Roma – 13 marzo 2012 – “Lampedusa e’ stata un ‘segno di contraddizione’ di un’Italia e di un’ Europa che “ha una ricchezza straordinaria di cultura, una profonda consapevolezza dei diritti, una ricca tradizione cristiana e che, in questa circostanza, ha rischiato di rinchiudersi, di respingere, di sollevare paure anziché accompagnare nuove e disperate storie di persone e famiglie”.
Lo scrivono i vescovi della Commissione Episcopale per le migrazioni che si è riunita a un anno dall’emergenza sbarchi che portò sull’isola oltre 52 mila migranti in fuga dal Nord Africa.
“A un anno di distanza – spiegano – non sono meno presenti alla nostra memoria le immagini di quei numerosi barconi carichi di uomini, donne e bambini, i numerosi cadaveri nella stiva di un barcone o trascinati dalle onde del mare sulla costa. Cosi’ come non possiamo dimenticare la solidarieta’, la generosita’ di tanti volontari, il lavoro di tanti marittimi, l’accoglienza di Lampedusa e di molte parrocchie e diocesi italiane, unite a momenti di insofferenza e di paura”.
Secondo la Commissione Episcopale, le contraddizioni di Lampedusa sono, talvolta, “le contraddizioni delle nostre comunità cristiane, incerte nella lettura di un fenomeno che sempre più cresce e investe i luoghi quotidiani della nostra vita, quale è la mobilità delle persone: dal Sud al Nord dell‘Italia, dall‘Est all‘Ovest dell‘Europa, dal Sud al Nord del mondo. Leggere in questi numeri dell‘immigrazione che crescono non solo un dato statistico nuovo, ma un nuovo Esodo di persone che cercano pace, reclamano diritti, fuggono dalla fame e dalla sete, fratelli in cammino, significa interpretare la storia con gli occhi della fede e costruire le nostre comunità come case, tende in cui ognuno possa trovare ospitalità”.
Durante i lavori i vescovi della Cemi si sono soffermati, tra l’altro, sulle recenti modifiche apportate allo statuto della Migrantes, approvato dal Consiglio permanente della Cei di gennaio scorso. Il nuovo statuto, scrivono nella nota finale, “vuole ridare alla Migrantes, che compie quest‘anno 25 anni di vita, un ruolo importante a livello nazionale, regionale e diocesano per aiutare a leggere un fenomeno, qual è quello della mobilità e in esso della fragilità e della minoranza”.