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Coniuge dello stesso sesso? Sì al permesso di soggiorno

La Questura di Milano rilascia un documento per motivi familiari a un serbo che ha sposato all’estero un italiano. Guaiana (Certi Diritti): “Altre Questure prendano esempio. Eliminare il divieto di trascrizione dei matrimoni omosessuali”

Roma  – 1 settembre 2012 – Diordje, serbo, ha il diritto di vivere in Italia con suo marito Adrian, italo-canadese, anche se la legge italiana non riconosce il loro matrimonio omosessuale. Sono  infatti le norme sulla libera circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari a tutelare la loro l’unione.

I due si sono sposati in Canada due anni fa, ma poi si sono trasferiti in Italia. Seguiti dall’associazione radicale Certi Diritti, si sono rivolti alla Questura di Milano, che giovedì scorso  ha rilasciato a Djiordje un permesso di soggiorno per motivi familiari, così come aveva fatto lo scorso maggio di fronte a un caso analogo seguito dalla Rete Lenford.

Si tratta di un risultato tutt’altro che scontato. Lo scorso febbraio ha raggiunto lo stesso traguardo anche una coppia omosessuale di Reggio Emilia, ma solo dopo essersi rivolta al tribunale. La Questura locale aveva infatti respinto la domanda, sostenendo che non poteva riconoscere uno status estraneo all’ordinamento italiano.

L’orientamento della Questura di Milano , sottolinea una nota di Certi Diritti, “è così stato confermato: il coniuge dello stesso sesso, a prescindere dal non riconoscimento del matrimonio contratto all’estero, ha comunque il diritto di risiedere regolarmente in Italia perché considerato famigliare di cittadino comunitario in base alle norme sulla libera circolazione in Europa, recepite in Italia con il d.lgs. n. 30/2007, e ai pronunciamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’argomento”.

L’associazione ricorda che  le linee guida emanate dalla Commissione europea per una migliore trasposizione della direttiva sulla libera circolazione, n. 2004/38 (COM 2009 – 313), sottolineano che “ai fini dell’applicazione della direttiva devono essere riconosciuti, in linea di principio, tutti i matrimoni contratti validamente in qualsiasi parte del mondo”. Le sole eccezioni menzionate espressamente sono quelle dei dei matrimoni forzati e dei poligami.

Anche l’art. 9 della Carta europea dei diritti fondamentali, in vigore dal 1 dicembre 2009 in quanto recepita dal Trattato europeo di Lisbona, individua in capo a ogni persona “il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia”. Questo senza più richiedere il requisito della la diversità di sesso, come invece faceva l’art. 12 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. 

Secondo Yuri Guaiana, segretario di Certi diritti : “La decisione della Questura di Milano rinforza la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia. La Questura di Rimini, che dal 17 maggio 2012 sta bloccando il rilascio del permesso di soggiorno ad un cittadino cubano sposato in Spagna da un italiano, dovrebbe prendere esempio”.

Guaiana chiede il ritiro della Circolare Amato del 2007 n. 55, “che vieta ai Comuni la trascrizione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero anche da cittadini italiani per ragioni di ‘ordine pubblico’, materia peraltro non applicabile al diritto di famiglia come ribadito ripetutamente dalla Corte di Cassazione. È tempo che il governo permetta ai coniugi dello stesso sesso di vedere pienamente riconosciuto il proprio stato civile in Italia”.

EP

 

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