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Cittadinanza. Obama: “Non si caccia chi è cresciuto in questo Paese”

Il presidente americano sui diritti dei figli dei clandestini. Intanto i repubblicani lo accusano di aver gonfiato i dati sulle espulsioni

Roma – 3 settembre 2012 – L’immigrazione e più in generale i diritti di cittadinanza continuano ad essere uno dei temi della campagna per le presidenziali negli Stati Uniti. Ne parla lo sfidante repubblicano Mitt Romney, ma ci ritorna spesso sopra anche Barack Obama, come ieri in un discorso tenuto all’Università del Colorado.

 

“A novembre dovrete dire se gli studenti portati qui dai loro genitori quando erano bambini, che hanno fatto la scuola qui, e che hanno giurato fedeltà [alla bandiera, come fanno ogni mattina gli alunni nelle scuole americane n.d.r.] , devono essere sbattuti fuori a calci dall’unico Paese che hanno mai conosciuto” ha detto il presidente americano ai suoi elettori.

Intanto, i repubblicani attaccano Obama sulle sue politiche di contrasto della clandestinità, accusandolo di aver falsato i numeri delle espulsioni. Sotto la sua amministrazione avrebbero toccato livelli record, superiori a quelli registrati quando alla Casa Bianca c’era George W. Bush.

”Quei dati sono falsi: negli ultimi due anni sono stati gonfiati di 100.000 unita” denuncia sul Washington Post Lamar Smith, presidente della Commissione giudiziaria della Camera. Secondo l’esponente  repubblicano, nel conteggio rientrano anche i clandestini intercettati alla frontiera che, secondo il nuovo programma di sicurezza Alien Transfer Exit Program (ATEP), vengono lasciati fino a duemilacinquecento chilometri di distanza dal punto da cui erano entrati, un deterrente che non prevede altre pene.

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