Roma, 30 agosto 2017 – “Ho temuto per la tenuta democratica del Paese”. Mentre i dati d’agosto confermano un drastico calo degli sbarchi (3.194 contro i 21.294 dell’agosto 2016), il ministro dell’Interno, Marco Minniti, rivela le sue preoccupazioni di pochi mesi fa, “di fronte a barricate per l’arrivo di migliaia di stranieri e a sindaci che mi dicevano no. Ho capito che andava governato subito il flusso migratorio e l’abbiamo fatto”.
Dopo il recente vertice francese, il ministro incassa i risultati e l’appoggio europeo. “Abbiamo fatto da apripista – sottolinea Minniti – e Parigi ha capito e approvato il nostro lavoro”. La svolta si è avuta in seguito ai mega-sbarchi di metà luglio, quando furono soccorse in mare diverse migliaia di persone in pochi giorni e il ministro ordinò il dietrofront all’aereo che lo stava portando a Washington. Da allora, una fitta serie di iniziative in Libia e in Europa, il varo del codice per le ong e i numeri hanno cominciato a dare ragione alla strategia italiana: dopo il dimezzamento degli arrivi a luglio, ad agosto c’è stato un vero crollo e ora i dati del Viminale indicano 98.407 arrivi nel 2017, con un calo dell’8% rispetto al 2016. I dati dimostrano anche l’impegno della Marina Militare libica che solo negli ultimi due giorni ha intercettato e riportato a terra circa 700 migranti che tentavano di attraversare il Mediterraneo. Minniti sottolinea poi l’importanza dell’impegno economico che deve mettere in campo l’Europa per frenare i flussi. Bisogna spendere, spiega, “almeno quanto speso per la rotta dei Balcani: 6 miliardi”.
E non manca di rimarcare il ruolo dei sindaci delle città libiche, che “sono i nostri principali alleati”. La scommessa è quella di costruire un circuito economico alternativo in Libia che possa soppiantare il florido business dei trafficanti di uomini. Progetti di sviluppo saranno messi in piedi insieme all’Anci e l’ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Perrone, sta raccogliendo richieste e disponibilità. Il ministro puntualizza però che “se un uomo fugge da guerre e carestie io ho il dovere di accoglierlo come Dio comanda” e appoggia con decisione la legge sullo ius soli: “Un ragazzino nato in Italia, che studia qui – si chiede – perché deve aspettare 18 anni” per diventare italiano? “Lo ius soli è politica di integrazione perché rende il nostro paese più sicuro”.